Molti lettori considerano Il Grande Gatsby un’opera simbolica e di fantasia, una rappresentazione perfetta del sogno americano negli anni ’20.
Ma pochi sanno che F. Scott Fitzgerald non si è limitato all’immaginazione per creare il mondo di Jay Gatsby. Il romanzo è infatti fortemente influenzato da luoghi, eventi e soprattutto persone reali che l’autore frequentò nella sua vita.
Dai sontuosi party delle Gold Coast di Long Island alle dinamiche relazionali complesse vissute in prima persona da Fitzgerald, ogni dettaglio del romanzo affonda le radici in esperienze autentiche.
In questo articolo, analizziamo le storie vere che hanno plasmato uno dei personaggi più iconici della letteratura moderna e di questo enigmatico capolavoro.
Pochi romanzi incarnano il sogno e l'incubo americano come Il Grande Gatsby. Oggi lo celebriamo come un capolavoro assoluto, ma il suo inizio fu tutt'altro che trionfale. Quando F. Scott Fitzgerald lo pubblicò nel 1925, il libro fu un fiasco commerciale, con appena 20.000 copie vendute.
L'autore, che sognava di entrare nell'olimpo dorato dell'alta società, morì nel 1940 senza mai vedere la sua opera diventare il simbolo di un'intera epoca. La verità è che, per capire la struggente bellezza di Gatsby, non bisogna guardare solo alle feste sfarzose di Long Island, ma comprendere l'anima inquieta del suo creatore.
Il romanzo è, prima di tutto, uno specchio. Fitzgerald riversò le sue stesse ossessioni e le sue fragilità in due personaggi chiave: il misterioso e ricchissimo Jay Gatsby, l'uomo che si è costruito dal nulla per riconquistare un amore, e il narratore Nick Carraway, l'osservatore malinconico, affascinato e al tempo stesso respinto da quel mondo di eccessi.
Come Nick, Fitzgerald riuscì a sbirciare oltre il cancello delle ville sontuose di Long Island, dove si era trasferito nel 1922 con la moglie Zelda. Lì osservò la netta divisione tra la "vecchia ricchezza" e i "nuovi ricchi", una frattura sociale che divenne la geografia immaginaria del romanzo, con i due poli opposti di East Egg e West Egg.
Ma più di ogni altra cosa, le pagine del romanzo sono popolate dai fantasmi di un amore perduto.
L'inafferrabile e incantevole Daisy Buchanan non è un'invenzione, ma l'eco di Ginevra King, una ricca ereditiera di Chicago di cui un giovane Fitzgerald si innamorò perdutamente nel 1915.
Lui era uno studente di Princeton senza un soldo; lei, una debuttante destinata a un futuro di agi. La loro relazione, durata due anni, era condannata fin dall'inizio. A mettere la parola fine fu il padre di lei, che secondo la leggenda disse a Fitzgerald una frase tanto crudele quanto iconica: "I ragazzi poveri non dovrebbero pensare di sposare le ragazze ricche". Quelle parole, che come un pugnale ferino lo scrittore, finirono dritte nel cuore del romanzo e diventarono iconiche.
Il fantasma della famiglia King non si ferma, però, a Daisy. Suo marito nel romanzo, il brutale e razzista Tom Buchanan, sembra un mosaico di figure reali: condivide l'arroganza e l'alma mater (Yale) del padre di Ginevra, e la passione per il polo con l'uomo che Ginevra sposò davvero, William Mitchell.
Perfino la figura di Jordan Baker, l'amica cinica e affascinante di Daisy, è ispirata a una golfista dell'epoca, Edith Cummings, un'altra frequentatrice di quella cerchia elitaria.
La stessa biografia di Fitzgerald continua a intrecciarsi con la finzione. L'incontro tra Gatsby e Daisy avviene mentre lui è un giovane ufficiale durante la Prima Guerra Mondiale, di stanza a Louisville.
Anche Fitzgerald fu un soldato e proprio durante il suo stazionamento in Alabama incontrò la sua futura moglie, Zelda, una bellissima e scatenata debuttante del Sud, proprio come Daisy. E fu proprio Zelda a fornire, inconsapevolmente, una delle battute più celebri del libro.
Mentre era sotto anestesia per la nascita della loro figlia, disse che la cosa migliore per una donna era essere una "bella piccola sciocca". Fitzgerald, con il suo fiuto da scrittore, la prese e la mise in bocca a Daisy, cristallizzando la disillusione femminile di un'intera generazione.
Anche l'omicidio che macchia di sangue le ultime pagine del libro potrebbe avere radici nella cronaca nera dell'epoca.
Alcuni studiosi ipotizzano un collegamento con un famoso duplice delitto del 1922, avvenuto proprio mentre Fitzgerald iniziava a scrivere.
Il Grande Gatsby non è dunque solo un romanzo, ma il vero e proprio diario di un'ossessione, il ritratto di un amore impossibile e la testimonianza di un uomo che desiderava ardentemente un mondo che, alla fine, lo respinse. E non saprà mai quanto il suo romanzo sia diventato iconico ed eterno.