Il congedo matrimoniale è uno strumento ai lavoratori dipendenti che si sposano o formalizzano un'unione civile.
Si tratta di un periodo di astensione dal lavoro, generalmente retribuito al 100%, che consente al dipendente di dedicarsi ai festeggiamenti e al viaggio di nozze senza dover attingere al monte ferie o ai permessi.
Le modalità di accesso sono regolate sia dalla normativa nazionale che dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), che possono stabilire modalità specifiche per la sua fruizione.
Nell’articolo, fornirò una panoramica generale sul congedo, soffermandomi principalmente su due aspetti importanti: la durata e chi paga.
Il congedo matrimoniale ha una storia lunga 88 anni. Introdotto nel 1937 sono per gli impiegati, nel 1941 è stato esteso anche alla classe operaia, fino ad arrivare a oggi, dove tutti i CCNL prevedono un periodo di astensione dal lavoro per il matrimonio.
Non spetta più solo ai lavoratori, ma ne possono usufruire anche i disoccupati, a condizione che, durante i 90 giorni precedenti, abbiano lavorato almeno quindici giorni.
Per quanto riguarda la durata del congedo, generalmente viene concesso un periodo di 15 giorni di calendario consecutivi, senza la possibilità di frazionamento. Sono inclusi nei giorni anche i fine settimana e i giorni festivi.
È bene sottolineare che i vari CCNL potrebbero anche prevedere una durata differente. Quindi, è buona prassi far riferimento alla propria contrattazione di riferimento per essere sicuri dell’effettiva durata.
La normativa stabilisce che il congedo deve essere goduto entro sei mesi dalla data del matrimonio. Solo in alcune situazioni particolari legate alle esigenze aziendali o personali, potrebbe essere possibile richiederlo anche oltre tale termine.
Anche per questo, però, ci sono alcune eccezioni perché non tutti i contratti collettivi di lavoro consentono la fruizione oltre i 30 giorni successivi al matrimonio.
Naturalmente, il congedo matrimoniale deve essere richiesto in occasione del matrimonio direttamente al datore di lavoro, indicando i giorni. Una volta rientrato, il lavoratore deve fornire la copia del certificato di matrimonio entro 60 giorni.
Uno degli aspetti più importanti del congedo matrimoniale è il fatto che il lavoratore ha la possibilità di assentarsi dal posto di lavoro, avendo comunque diritto alla normale retribuzione.
Ma chi paga? Il datore di lavoro? Non solo: si fanno carico dell'assegno del congedo matrimoniale l'INPS per sette giorni e il datore di lavoro per i giorni residui. Tuttavia, è comunque il datore di lavoro a dover anticipare l’intero importo in busta paga.
Il congedo matrimoniale deve essere goduto entro il trentesimo giorno successivo alla data del matrimonio. Può succedere che la coppia di sposi desideri posticiparne l’utilizzo, ad esempio nel caso in cui il viaggio di nozze sia previsto dopo tale termine.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9150 del 6 giugno 2012, ha stabilito ch è possibile rinviare il congedo. Secondo la Corte, sebbene il congedo abbia come base giustificativa il matrimonio, non è necessario che il suo periodo di fruizione inizi obbligatoriamente dal primo giorno delle nozze. Di conseguenza, il lavoratore può posticiparlo senza incorrere in violazioni delle normative previste.
Usufruire del congedo matrimoniale non è affatto obbligatorio. Infatti, non sono previste norme che obblighino, in qualche modo, il lavoratore a richiederlo.
Quindi, il lavoratore può tranquillamente rinunciarci. D’altra parte, potrebbe anche decidere di usufruirne solo in parte.
Su questo ultimo aspetto ci sono state molte pronunce della giurisprudenza. Da una parte, proprio queste pronunce prevedono che il datore di lavoro sia obbligato a retribuire i giorni, anche nel caso in cui il dipendente decida di riprendere anticipatamente l’attività lavorativa.
Il congedo matrimoniale è un diritto per i lavoratori dipendenti che si sposano o formalizzano un’unione civile, consistente in un periodo di astensione dal lavoro, generalmente retribuito al 100%. La durata varia a seconda dei contratti collettivi, ma in genere è di 15 giorni consecutivi. Questo congedo è regolato dalla normativa nazionale e dai CCNL.
Sebbene non sia obbligatorio, il lavoratore può rinunciarvi o utilizzarlo parzialmente. Il datore di lavoro paga l'intero periodo, mentre l'INPS contribuisce per sette giorni. Il congedo deve essere usufruito entro sei mesi dal matrimonio.