15 Mar, 2025 - 09:05

Il mistero della morte di Wilma Montesi: un caso (rimasto senza colpevole) che scosse Roma e l’Italia

Il mistero della morte di Wilma Montesi: un caso (rimasto senza colpevole) che scosse Roma e l’Italia

Ci sono storie che segnano un’epoca, come il caso Montesi - l’affaire, in gergo – fece con l’Italia (bigotta e assetata di sapere) degli anni Cinquanta, da poco lasciatasi alle spalle il Ventennio fascista e la guerra. Un caso che resta tutt’oggi avvolto nel mistero, con una vittima, Wilma, e nessun colpevole certo. Per ricostruirlo e capirne l’importanza, dobbiamo riavvolgere il nastro e tornare al 1953.

L’inizio della storia: il ritrovamento del cadavere di Wilma Montesi

È l’11 aprile, un sabato, quando il muratore Fortunato Bettini, che sta facendo colazione in riva al mare di Torvajanica, nota “una cosa tra l’acqua e la spiaggia”, sul bagnasciuga, e dà l’allarme. Quella “cosa” è, in realtà, un corpo: quello di Wilma Montesi.

A riconoscerlo sono i familiari, che da già due giorni la cercano disperatamente per Roma, con la convinzione che le sia accaduto qualcosa. Il 9 aprile precedente, di pomeriggio, la giovane, 21 anni, era uscita di casa – mentre il padre era al lavoro, e la madre e la sorella al cinema – per recarsi a Ostia e “bagnare i piedi nell’acqua”.

Glielo avevano prescritto i medici, per via di un’irritazione al tallone causata da un paio di sandali. Quando il suo corpo viene ritrovato, è in posizione prona, con il viso poggiato sulla sabbia e senza apparenti segni di violenza. Wilma è seminuda, senza gonna, calze, reggicalze e scarpe.

L’autopsia e i primi sospetti su Piero Piccioni

L’autopsia stabilisce che la giovane – promessa in sposa a un certo Angelo Giuliani, militare di stanza a Potenza – è morta annegata, forse dopo aver accusato un malore a causa dell’acqua fredda, durante un pediluvio. Il caso, quindi, viene chiuso. Sono tante, però, le cose che non tornano.

Una foto del corpo di Wilma Montesi (Ansa)

I familiari di Wilma – e non solo loro – si chiedono che fine abbiano fatto i suoi indumenti e la sua borsa (mai ritrovati), come mai il suo corpo fosse a Torvajanica, visto che alcuni testimoni avevano detto di averla vista a Ostia, e se fosse davvero possibile escludere un tentativo di violenza. Più di tutti, sono i giornalisti a voler vederci chiaro.

Alcuni di loro, dopo aver raccolto le dichiarazioni di un’aspirante attrice, Adriana Concetta Bisaccia, ipotizzano che Wilma sia morta durante uno dei festini a base di alcol e droga organizzati nella tenuta di Capocotta, frequentata da politici e altre personalità di spicco.

Qualcuno arriva addirittura a fare un nome: quello di Piero Piccioni, figlio del ministro Attilio Piccioni, allora in lizza per la successione a De Gasperi (e che, più avanti, si sarebbe dimesso proprio per via dello scandalo).

Il “cigno nero”, la riapertura del caso e le assoluzioni

Si tratta di voci, indiscrezioni che però, con il passare del tempo, attecchiscono, sollevando dubbi nonostante le smentite dall’alto. Fin quando Augusta Moneta Caglio, ex amante del marchese Ugo La Montagna, ribattezzata da Camilla Cederna “il cigno nero”, non fa mettere a verbale che nella villa di Capocotta si tengono effettivamente feste hard.

Nel 1954, le sue dichiarazioni portano alla riapertura del caso Montesi. Nel mese di settembre, pochi giorni dopo le dimissioni del padre, Piero Piccioni viene arrestato e portato nel carcere di Regina Coeli. L’accusa? Omicidio colposo e cessione di sostanze stupefacenti.

L’anno successivo, al termine delle indagini, il musicista viene rinviato a giudizio. L’allora fidanzata, Alida Valli, viene ascoltata come testimone in aula e gli fornisce un alibi: la sera in cui si presumeva che fosse stato con Wilma a Capocotta, in realtà Piccioni era con lei.

Un servizio dell'Archivio Storico Luce sul processo Montesi. 

L’uomo, insieme agli altri imputati, viene quindi prosciolto. E il caso nuovamente chiuso. Da allora, non è mai stato riaperto, ma continua a far discutere. L’opinione generale è che l’inchiesta sia stata infangata, e che il responsabile, o i responsabili, della morte di Wilma siano stati coperti. Lei, dal canto suo, non ha mai avuto giustizia

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Sara D'Aversa
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