08 Apr, 2025 - 12:36

Domenico Morrone, 16 anni in cella da innocente: "Vittima di errore giudiziario, salvato dal lavoro"

Domenico Morrone, 16 anni in cella da innocente: "Vittima di errore giudiziario, salvato dal lavoro"

Il 30 gennaio 1991 fu arrestato con l'accusa di aver ucciso Antonio Sebastio e Giovanni Battista, di 15 e 17 anni. All'epoca, Domenico Morrone aveva 27 anni, una fidanzata e un lavoro che amava. Soprattutto, era innocente. Ci sarebbero voluti ben sette processi e le testimonianze di due collaboratori di giustizia per dimostrarlo.

Il caso di Domenico Morrone, assolto dopo 16 anni di carcere

Insieme alla sua famiglia, Morrone viveva a Taranto e faceva il pescatore. La sua fedina penale era immacolata quando, nel gennaio 1991, Antonio e Giovanni furono trucidati davanti alla scuola media Grazia Deledda e lui venne arrestato perché sospettato di essere il sicario.

Nella sua abitazione non furono trovate armi, né c'erano tracce di polvere da sparo sulle sue mani. Il suo aspetto, inoltre, non corrispondeva a quello descritto da un testimone degli eventi, che aveva parlato di un uomo "calvo e alto", tutto il contrario di lui, che aveva anche un alibi. 

Al momento del duplice omicidio, come avrebbe spiegato al processo, si trovava nell'appartamento di alcuni vicini di casa per riparare il loro acquario. Non fu creduto. L'accusa si era convinta che ce l'avesse con le due vittime per via di presunti screzi avvenuti in precedenza. 

Qualcuno aveva infatti raccontato (salvo poi ritrattare tutto) di aver visto l'uomo minacciarli. Non era vero. Ma Morrone, alla fine, fu condannato. Nel 1996, due collaboratori di giustizia testimoniarono che era innocente e che il vero colpevole era un altro. Fu assolto solo dieci anni più tardi. 

Il lavoro come ancora: le dichiarazioni della vittima dell'errore giudiziario

"Quando accadono certe cose ti crolla il mondo addosso. Ti chiedi cosa stia succedendo, cosa hai fatto. La tua vita viene cancellata come una lavagna e non sai più dove aggrapparti, perché le accuse che ti vengono mosse, da innocente, non sai neanche da dove arrivino", racconta ora Morrone.

Ospite del programma "La Storia Oscura", in onda dal lunedì al venerdì su Radio Cusano Campus e in streaming su Cusano Media Play, l'uomo ha ripercorso per intero la sua vicenda, descrivendo il senso di angoscia provato al momento dell'arresto e quando, più tardi, fu portato in cella.

"Per non pensare all'ingiustizia che avevo subito, mi misi a lavorare. In carcere, negli anni, ho svolto varie mansioni, l'ultima all'ufficio matricole, dove si registrano i detenuti quando vengono arrestati", ha spiegato rispondendo alle domande del conduttore Fabio Camillacci.

Il ricordo degli anni trascorsi in cella da innocente

Morrone è tornato sui momenti più bui trascorsi da detenuto, nel carcere di Taranto e poi in quello di Bari, durante i processi d'Appello. "Ho visto più e più volte la morte in faccia. Soprattutto, tanti suicidi", ha dichiarato. "Una sera salutai un detenuto che era diventato mio amico; la mattina dopo mi dissero che era morto", ha aggiunto.

Qualcosa di buono, comunque, c'era. "Potrei parlare di suor Celestina, che aveva 90 anni e aveva a cuore i detenuti, degli educatori, delle guardie penitenziarie, del comandante Gugliotta, che mi hanno sostenuto. Non potrò mai dimenticarlo". Quando è uscito, nel 2006, ha potuto riabbracciare la madre, che lo stava aspettando.

"Dopo pochi mesi se ne è andata", ha ricordato, commosso. Nel 2008, a seguito di una lunga procedura di equa riparazione, ha ricevuto 4,5 milioni di euro di risarcimento. Oggi, ormai 61enne, è assistito nelle sue battaglie da Progetto Innocenti, ma nessuno potrà ridargli ciò di cui per tanto tempo è stato privato. "È inaccettabile, in un Paese che viene definito la 'culla del diritto'", ha concluso.

A firmare la sua condanna fu lo stesso magistrato che si occupò anche del caso di Angelo Massaro, vittima, come lui, di un errore giudiziario. 

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Sara D'Aversa
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