Nel 2026, gli importi delle pensioni potrebbero salire, seppur in misura limitata. Le prime stime contenute nel Documento di economia e finanza, approvato dal governo il 9 aprile, prevedono una crescita dello 0,8% per l’anno prossimo. Questo adeguamento è stato calcolato tenendo conto dell’andamento dell’inflazione, che a febbraio 2025 si attestava all’1,6%, salendo poi al 2% a marzo, secondo le prime rilevazioni dell’Istat. L’aumento è stato trainato soprattutto dal rincaro dei prezzi energetici, con un incremento del 3,2% rispetto allo 0,6% registrato il mese precedente.
A confermare questo scenario c’è anche l’andamento dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca), che per il 2025 si prevede intorno al 2,1%, un valore ritenuto "di equilibrio" dalle autorità monetarie europee, segnale di una situazione economica relativamente stabile. In base a questi dati, la rivalutazione effettiva delle pensioni nel 2026 potrebbe oscillare tra l’1,6% e l’1,8%, risultando leggermente più generosa rispetto all’anno precedente.
Tuttavia, chi andrà in pensione tra il 2025 e il 2026 dovrà fare i conti anche con effetti meno positivi: il nuovo ricalcolo dei coefficienti di trasformazione porterà infatti a una riduzione, seppur lieve, dell’assegno pensionistico. In sostanza, il sistema tenta di bilanciare il contenimento della spesa pubblica con la salvaguardia del potere d’acquisto, ma i margini di manovra si fanno sempre più stretti.
L'aumento previsto dal Documento di programmazione finanziaria 2025 (ex DEF) non sarà uniforme, ma modulato su tre livelli, secondo quanto stabilito dalla legge n. 448 del 1998:
Nel 2024, la pensione minima è pari a 598,61 euro. Pertanto:
Nel 2025 il trattamento minimo salirà a 603,40 euro, e le nuove soglie saranno:
Alcuni esempi pratici:
Non solo le pensioni ordinarie beneficeranno degli aumenti: anche le prestazioni assistenziali saranno ritoccate.
Si valuta inoltre un possibile aumento straordinario per le pensioni minime: se l’adeguamento sarà fissato al 2,2%, il nuovo importo sarà di circa 617,90 euro. In caso di rivalutazione al 2,7%, si arriverebbe a circa 620 euro mensili.
Per chi ha in programma di lasciare il lavoro tra il 2025 e il 2026, le notizie sono meno incoraggianti. Non si tratta di un cambio radicale, ma di un aggiornamento tecnico che comporterà una leggera riduzione dell’assegno finale. I nuovi coefficienti di trasformazione – i parametri che convertono i contributi versati in pensione – faranno diminuire il valore della pensione.
Secondo Il Messaggero, un lavoratore di 67 anni con 400.000 euro di contributi accumulati riceverà un assegno annuo di 22.432 euro se si ritirerà nel 2025. Se avesse deciso di andare in pensione un anno prima, avrebbe incassato 22.892 euro, quindi circa 460 euro in più.