Il tema delle pensioni 2026 torna al centro del dibattito politico ed economico. Il governo ha annunciato un taglio dell’Irpef per il ceto medio che potrebbe portare a un aumento netto degli assegni fino a 660 euro annui.
Una misura che, però, appare incerta per la difficoltà di reperire risorse strutturali. La prossima legge di Bilancio sarà il banco di prova per capire se l’alleggerimento fiscale diventerà realtà o resterà un annuncio.
Ma a chi spetterebbe l’aumento fino a 660 euro? Perché il beneficio rischia di saltare? E quali vincoli europei e finanziari pesano sulla riforma fiscale?
Il progetto di riforma fiscale punta a ridurre l’aliquota Irpef del secondo scaglione, quello oggi tassato al 35% tra 28.000 e 50.000 euro. La nuova aliquota sarebbe del 33% e, nella versione più ambiziosa, la fascia si estenderebbe fino ai 60.000 euro.
Si tratterebbe di un’operazione simile a quella già adottata con l’accorpamento dei primi due scaglioni nel 2022: un intervento che aveva prodotto un risparmio massimo di 260 euro annui. Per il 2026 il guadagno teorico massimo salirebbe a 660 euro, ma solo per chi ha redditi o pensioni più alti.
Non tutti i pensionati vedrebbero lo stesso incremento. Un assegno da 30.000 euro comporterebbe un risparmio fiscale di appena 60 euro l’anno, perché solo 2.000 euro rientrano nello scaglione ridotto.
Al contrario, un pensionato con reddito di 40.000 euro avrebbe un beneficio più consistente. In questo caso, i primi 28.000 euro restano tassati al 23%, mentre i successivi 12.000 euro passerebbero dal 35% al 33%.
La riduzione del 2% su questa fascia genera un risparmio di 240 euro l’anno, pari a circa 20 euro netti al mese.
Un assegno da 50.000 euro otterrebbe invece un risparmio di circa 440 euro, mentre solo chi si avvicina ai 60.000 euro potrebbe arrivare al massimo di 660 euro annui.
Per rendere più chiaro il meccanismo, ecco una simulazione sintetica in termini di risparmio e vantaggi mensili netti:
Reddito/Pensione annua | Quota tassata al 33% (nuovo scaglione) | Risparmio annuo con riduzione Irpef | Vantaggio mensile netto |
30.000 euro | 2.000 euro | 60 euro | 5 euro |
40.000 euro | 12.000 euro | 240 euro | 20 euro |
50.000 euro | 22.000 euro | 440 euro | 37 euro |
60.000 euro (ipotesi estensione) | 32.000 euro | 660 euro | 55 eur |
Come emerge dalla tabella, il vantaggio cresce con l’aumentare del reddito. Tuttavia, la cifra resta limitata per chi si colloca nella parte bassa dello scaglione, mentre solo i pensionati con redditi medio-alti vicini ai 60.000 euro potrebbero raggiungere il beneficio massimo promesso.
La sostenibilità finanziaria della riforma pensioni 2026 rappresenta il vero ostacolo. Ridurre l’aliquota Irpef di due punti significa per lo Stato perdere miliardi di euro di gettito fiscale. Una cifra che oggi non trova coperture certe.
Il ministero dell’Economia ha chiarito che l’intervento sarà possibile solo con risorse strutturali e permanenti.
Senza garanzie di bilancio, l’aumento fino a 660 euro della pensione 2026 rischia infatti di restare un obiettivo non realizzabile.
A rendere ancora più complicata la situazione, ci sono una serie di priorità governative. La prossima legge di Bilancio dovrà farsi carico di spese obbligatorie già programmate. Tra queste, la rivalutazione delle pensioni legata all’inflazione, il rinnovo dei contratti pubblici, il rafforzamento del sistema sanitario e i sostegni alle famiglie.
Tutti capitoli che assorbiranno gran parte delle risorse disponibili. In questo scenario, destinare miliardi al taglio Irpef significherebbe inevitabilmente ridurre i fondi per settori considerati prioritari.
Come se non bastasse, il ritorno del Patto di Stabilità impone all’Italia di ridurre deficit e debito. In questo contesto, un’operazione di alleggerimento fiscale senza coperture solide rischia di compromettere la fiducia di Bruxelles e dei mercati finanziari.
Gli investitori osservano con attenzione la traiettoria del debito/Pil e ogni deviazione dagli obiettivi fissati può determinare tensioni sui tassi di interesse, rendendo ancora più complicato finanziare misure fiscali espansive.