16 Apr, 2025 - 21:08

Strage di Fidene, ergastolo per Claudio Campiti, ma esplode la rabbia dei familiari delle vittime

Strage di Fidene, ergastolo per Claudio Campiti, ma esplode la rabbia dei familiari delle vittime

Dopo oltre sette ore di camera di consiglio, i giudici della prima Corte d'Assise di Roma hanno condannato all'ergastolo Claudio Campiti.

L'uomo, l'11 dicembre 2022, aveva aperto il fuoco durante una riunione del consorzio Valleverde, nel gazebo del bar "Il posto giusto" a Fidene, Roma, uccidendo quattro donne. Questi i nomi delle vittime: Nicoletta Golisano, amica della premier Giorgia Meloni; Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis.

Il pm di Roma Giovanni Musarò, ora passato alla Direzione Nazionale Antimafia, lo scorso 10 dicembre aveva chiesto l'ergastolo per l'imputato. La Difesa, invece, aveva chiesto l'assoluzione per vizio totale di mente.

Nell'aula bunker del carcere di Rebibbia a Roma, oggi 16 aprile 2025, l'inviato di TAG24 Michele Lilla.

Strage di Fidene, la sentenza: Campiti condannato all'ergastolo

A Claudio Campiti, accusato di omicidio aggravato, tentato omicidio di altre cinque persone e di lesioni personali, sono state contestate anche le aggravanti della premeditazione e della crudeltà. Per lui carcere a vita e tre anni di isolamento diurno. 

Il giorno della strage (ecco la ricostruzione) Campiti rubò una Glock 41 calibro 45 dal poligono di Tor di Quinto, usata per uccidere: nel corso del processo sono emerse le falle del centro.

I magistrati si sono pronunciati quindi anche sulle posizioni del presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma all'epoca dei fatti, Bruno Ardovini, e di Giovanni Maturo, dipendente addetto al locale dell'armeria del poligono di tiro di Tor di Quinto. I due dovevano rispondere di reati omissivi.

Il primo è stato condannato a 3 mesi (l'accusa aveva chiesto una condanna a 4 anni e un mese), mentre il secondo è stato assolto. La procura, per lui, aveva sollecitato una condanna a 2 anni.

Le motivazioni della sentenza verranno rese note tra 90 giorni.

 

Le reazioni dei familiari delle vittime

Sia il legale delle parti civili, l'avvocato Fabrizio Gallo, che i familiari delle vittime, pur avendo ottenuto l'ergastolo per Campiti, sono profondamente amareggiati perché i giudici hanno escluso come responsabili civili i ministeri dell’Interno e della Difesa e l’Unione italiana tiro a segno in riferimento alla custodia dell’arma utilizzata dal killer.

Riconosciuta, invece, la responsabilità del Tiro a segno nazionale. I giudici hanno inoltre disposto l'invio degli atti a piazzale Clodio, in relazione alla posizione dell'allora presidente del Tiro a Segno, sezione di Roma, in modo da valutare l'accusa di omicidio come conseguenza di altro reato.

 "Mi sento tradito dalle istituzioni" ha affermato Silvio Paganini, l'uomo che disarmò Campiti, evitando che potesse uccidere molte più persone. Da oltre due anni è stata chiesta per lui, senza successo, una medaglia al valore.

"Cosa ha provato alla lettura della sentenza? Schifo, ho provato schifo. Ci sentiamo italiani, ma italiani sotto quale stato? Lo stato siamo noi, lo Stato ci dovrebbe aiutare, coinvolgere, rappresentare. Invece ci è stato detto che chi ci rappresenta non è responsabile" è lo sfogo amaro di uno dei familiari delle vittime.

Le dichiarazioni di Campiti in aula

Claudio Campiti ha rilasciato delle dichiarazioni spontanee in aula. Durante la lettura i parenti delle vittime e i sopravvissuti sono usciti dall'aula bunker di Rebibbia, preferendo non ascoltare.

L'imputato ha tenuto a sottolineare di non aver mai gridato "Vi ammazzo tutti".

All'inizio del suo discorso ha affermato: "Mi è stato comunicato che il verdetto è stato già scritto", cercando conferma presso la presidente Paola Roja. La quale ha risposto: "Non glielo confermo, il verdetto non è scritto".

Campiti, nelle sue dichiarazioni, ha inoltre spiegato che non ha mai cercato di fuggire, "la vita da 'sorcio'" non gli appartiene, ma in galera "si parla la sua lingua". 

"Si possono commettere atti orrendi, perché l'uomo è molto debole. Ma se è vero che, per esempio, il furto o la rapina sono sempre da condannare, l'omicidio può essere giustificato dalla legittima difesa. E io non ho ucciso per futili motivi" ha poi affermato.

Il Consorzio Valleverde, che gestiva il condominio in cui Campisi viveva, rappresentava per lui il "nemico da abbattere". I rapporti erano molto tesi: l'uomo aveva ricevuto un decreto ingiuntivo perché da anni non pagava quanto dovuto al Consorzio, non accettandone le regole. 

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Mariangela Celiberti
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