L'indennità di accompagnamento è un supporto fondamentale per le persone con disabilità che necessitano di assistenza quotidiana.
Tuttavia, per ottenere questo beneficio dall’Inps non basta semplicemente avere un'invalidità al 100%. È necessario dimostrare l'incapacità di svolgere in autonomia le normali attività quotidiane, come camminare, mangiare o lavarsi.
La negazione dell’indennità può causare notevoli difficoltà per chi ha bisogno di assistenza. La decisione dell'Inps non è definitiva: esistono possibilità di ricorso per chi ritiene di soddisfare i requisiti per l'indennità di accompagnamento.
Se la tua richiesta di indennità di accompagnamento è stata respinta, è importante sapere che puoi contestare la decisione.
L’indennità di accompagnamento è un sostegno economico erogato dallo Stato, tramite l’Inps, a favore delle persone dichiarate totalmente invalide o che non sono in grado di deambulare autonomamente, necessitando dell’assistenza di un accompagnatore.
L'accompagnamento è destinato anche a chi non riesce a compiere in modo indipendente le attività quotidiane come mangiare, vestirsi o lavarsi.
L’accesso all’indennità dipende dall’età e dal grado di invalidità. Per gli adulti tra i 18 e i 65 anni, è necessario un certificato di invalidità civile al 100%.
Il contributo viene erogata per 12 mesi all’anno, senza limitazioni legate all’età del beneficiario. L’indennità di accompagnamento è destinata a coprire le spese relative alla cura e all’assistenza delle persone con disabilità, senza considerare il reddito del beneficiario.
A partire dal 2025, l'importo mensile previsto è di 542,02 euro, un supporto fondamentale per chi necessita di aiuto nelle attività quotidiane.
Come spiegherò tra poco, possono esserci casi in cui l’Inps nega il diritto all’indennità. I cittadini possono fare ricorso, magari facendosi assistere da un avvocato.
Il diritto all'indennità di accompagnamento può essere riconosciuto anche senza che il beneficiario riceva il trattamento economico.
Questo accade quando si percepisce già un'indennità per invalidità derivante da guerra, servizio o lavoro, in quanto queste prestazioni sono incompatibili con l'accompagnamento.
In tal caso, il cittadino ha comunque la possibilità di scegliere la prestazione più favorevole economicamente.
Un altro caso di esclusione dall’assegno è il ricovero gratuito in istituto per più di 30 giorni, che porta alla sospensione dell'indennità.
Tuttavia, in tutte le altre situazioni, l’indennità di accompagnamento viene concessa a chi soddisfa i requisiti sanitari previsti dalla legge.
La valutazione spetta alla Commissione Medica Invalidi Civili dell'Inps, che fornisce il proprio giudizio tramite un verbale ufficiale. Dopo aver ricevuto il verbale, il cittadino ha sei mesi di tempo per fare ricorso, avvalendosi dell'assistenza di un avvocato per avviare una causa legale contro l'Inps
L'assistenza legale è fondamentale per chiedere al tribunale competente, in base alla residenza, la nomina di un Consulente Tecnico d'Ufficio (CTU).
Il tribunale designa un medico legale indipendente, che effettua una visita e fornisce un parere al giudice. Questo processo, noto come accertamento tecnico-preventivo, non è un grado di giudizio, ma aiuta il giudice a ottenere una valutazione medica imparziale, fondamentale per la decisione finale.
Il verbale del medico legale è il documento chiave del procedimento. Una volta redatto, viene notificato agli avvocati delle parti coinvolte, che possono esprimere il proprio parere entro 15 giorni.
Se il verbale è favorevole al richiedente e l'Inps non solleva obiezioni, il tribunale omologa la decisione entro 30 giorni. Se il verbale è negativo, il paziente ha 30 giorni per opporsi e può presentare un ricorso nei successivi 30 giorni. In questa fase, il giudice può richiedere nuove consulenze tecniche, che potrebbero modificare o integrare la valutazione iniziale.
L'indennità di accompagnamento è un sostegno economico per le persone con disabilità grave, che necessitano di assistenza quotidiana. Non basta avere un'invalidità al 100%, ma occorre dimostrare l'incapacità di svolgere autonomamente attività quotidiane come camminare o mangiare.
La decisione dell'Inps può essere impugnata con un ricorso legale entro sei mesi. L'indennità è concessa a chi soddisfa i requisiti sanitari e non è incompatibile con altri benefici come quelli per invalidità di guerra.
L'importo mensile per il 2025 è di 542,02 euro. In caso di negazione, è possibile chiedere un accertamento tecnico-legale per contestare la decisione.