L’elezione di Papa Leone XIV ha segnato un nuovo inizio per la Chiesa cattolica. Il suo primo atto pubblico, la celebrazione della Messa con i cardinali nella Cappella Sistina, è stato seguito da milioni di fedeli in tutto il mondo, desiderosi di cogliere il senso e l’orientamento del nuovo pontificato. Di seguito, il testo integrale dell’omelia e un’analisi dei suoi contenuti e significati.
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16).
Con queste parole Pietro, interrogato dal Maestro, assieme agli altri discepoli, circa la sua fede in Lui, esprime in sintesi il patrimonio che da duemila anni la Chiesa, attraverso la successione apostolica, custodisce, approfondisce e trasmette. Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, cioè l’unico Salvatore e il rivelatore del volto del Padre.
In Lui Dio, per rendersi vicino e accessibile agli uomini, si è rivelato a noi negli occhi fiduciosi di un bambino, nella mente vivace di un giovane, nei lineamenti maturi di un uomo (cfr CONC. VAT. II, Cost. Past. Gaudium et spes, 22), fino ad apparire ai suoi, dopo la risurrezione, con il suo corpo glorioso. Ci ha mostrato così un modello di umanità santa che tutti possiamo imitare, insieme alla promessa di un destino eterno che invece supera ogni nostro limite e capacità.
Oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui a essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere.
Non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto.
Pietro, nella sua risposta, coglie tutte e due queste cose: il dono di Dio e il cammino da percorrere per lasciarsene trasformare, dimensioni inscindibili della salvezza, affidate alla Chiesa perché le annunci per il bene del genere umano. Affidate a noi, da Lui scelti prima che ci formassimo nel grembo materno (cfr Ger 1,5), rigenerati nell’acqua del Battesimo e, al di là dei nostri limiti e senza nostro merito, condotti qui e di qui inviati, perché il Vangelo sia annunciato ad ogni creatura (cfr Mc 16,15).
In particolare poi Dio, chiamandomi attraverso il vostro voto a succedere al Primo degli Apostoli, questo tesoro lo affida a me perché, col suo aiuto, ne sia fedele amministratore (cfr 1Cor 4,2) a favore di tutto il Corpo mistico della Chiesa; così che Essa sia sempre più città posta sul monte (cfr Ap 21,10), arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo. E ciò non tanto grazie alla magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni – come i monumenti in cui ci troviamo –, quanto attraverso la santità dei suoi membri, di quel «popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa» (1Pt 2,9).
Papa Leone XIV apre la sua prima omelia con la professione di fede di Pietro, sottolineando che la missione della Chiesa si fonda sulla proclamazione di Cristo come Figlio del Dio vivente. È un ritorno alle origini, un invito a non perdere il cuore del messaggio cristiano: la fede in Gesù come unico Salvatore e rivelatore del Padre.
Il Papa richiama la dimensione umana di Cristo, che si è fatto vicino a ogni uomo in tutte le stagioni della vita, dalla fanciullezza alla maturità. Citando il Concilio Vaticano II, Leone XIV invita a riconoscere in Gesù un modello di umanità santa, accessibile e imitabile, ma anche la promessa di una vita che supera i limiti umani.
Un passaggio chiave dell’omelia è la denuncia delle derive contemporanee: da un lato, la fede ridotta a superstizione o debolezza; dall’altro, la figura di Gesù ridotta a quella di un semplice leader carismatico o “superuomo”, anche tra i battezzati. Il Papa parla di “ateismo di fatto”, una fede svuotata che si rifugia in altre sicurezze: tecnologia, denaro, successo, potere, piacere.
Leone XIV definisce la Chiesa “città posta sul monte”, “arca di salvezza”, “faro che illumina le notti del mondo”. Il suo compito non è esaltare le strutture o la magnificenza, ma la santità dei suoi membri. La Chiesa deve essere testimone credibile, capace di portare luce, misericordia e speranza in un mondo segnato da crisi di senso e indifferenza religiosa.
Il Papa si rivolge ai cardinali e a tutta la Chiesa come “fedele amministratore” del tesoro della fede, chiedendo collaborazione, corresponsabilità e cammino comune. Sottolinea la necessità di “sparire perché rimanga Cristo”, indicando la volontà di esercitare un servizio umile e non autoreferenziale.
L’omelia di Leone XIV è già un programma: ritorno all’essenziale, centralità di Cristo, testimonianza personale e comunitaria, attenzione alle sfide del mondo contemporaneo, umiltà nel servizio. La Chiesa, secondo il nuovo Papa, deve essere “popolo che Dio si è acquistato perché proclami le sue opere”, chiamata a uscire dalle tenebre per entrare nella luce meravigliosa del Vangelo.