Il femminicidio, il tentato omicidio, infine la scelta di farla finita nella centralissima piazza del Duomo di Milano: sono state queste le ultime 48 ore di Emanuele De Maria.
Il 35enne, rinchiuso nel carcere di Bollate e ammesso al lavoro esterno presso l'Hotel Berna di Milano, aveva fatto perdere le sue tracce dal pomeriggio di venerdì 9 maggio 2025. Domenica 11 maggio, intorno alle 13:40, si è lanciato nel vuoto dalle terrazze del Duomo: è stato identificato da alcuni tatuaggi.
Nel frattempo, ha ucciso Chamila Wijesuriya e aggredito brutalmente Hani Fouad Abdelghaffar Nasra, entrambi colleghi di lavoro. Gli inquirenti, ora dopo ora, stanno ricostruendo il giallo dei delitti e del suicidio.
Emanuele De Maria aveva lasciato la casa circondariale di Bollate, per recarsi al lavoro, alle 13:30 di venerdì 9 maggio. Stava scontando una condanna a 14 anni e 3 mesi per l’omicidio nel 2016 della prostituta tunisina 23enne Racheb Oumaim, avvenuto a Castel Volturno.
All'Hotel Berna, però, non ci è mai arrivato: ha incontrato la collega Chamila Wijesuriya, cinquantenne italiana originaria dello Sri Lanka, nei pressi dell'abitazione della donna in via Gorki a Cinisello Balsamo.
I due sono stati ripresi insieme da una telecamera di sorveglianza alle 15:13. De Maria era poi ricomparso, solo, alle 17 in un altro video, in cui lo si vede imboccare le scale della stazione Bignami della metropolitana lilla, mentre indossava la borsetta della donna.
Lei era già morta, come si sarebbe scoperto ore dopo: il suo corpo è stato ritrovato da alcuni passanti domenica al parco Nord di Milano, con tagli al collo e ai polsi. Il marito e il figlio ne avevano denunciato la sparizione improvvisa. "Un'ottima madre e un'ottima moglie" ha raccontato lui a La Stampa.
L’ipotesi degli inquirenti è che tra i due ci fosse da tempo una relazione e che lei volesse lasciarlo. A far propendere gli inquirenti per il femminicidio sono le telefonate fatte dallo stesso De Maria alla madre e alla cognata, moglie del fratello, usando il telefonino della vittima prima di buttarlo in un cestino della metro.
sono state le sue parole ai familiari.
Cosa abbia fatto Emanuele De Maria dal pomeriggio del venerdì fino alla mattina di sabato non è noto. Il 35enne è stato inquadrato alle 6:20 del 10 maggio da un altro impianto di sorveglianza, posto di fronte l’albergo in cui lavorava.
Il suo obiettivo era aggredire Hani Fouad Abdelghaffar Nasra, un altro collega 50enne di origini egiziane: lo ha colpito con cinque fendenti in tutto il colpo, prima di fuggire in direzione centro città.
L'uomo, sottoposto a un delicato intervento chirurgico, è ancora in prognosi riservata ma avrebbe avuto un colloquio con gli investigatori.
La sua "colpa" sarebbe stata quella di aver consigliato a Chamila Wijesuriya di interrompere la storia con il 35enne, considerando il suo passato.
La caccia all'uomo si è interrotta alle 13:42 di domenica 11 maggio, quando l'evaso si è gettato dalle terrazze del Duomo di Milano: un volo di quaranta metri che non gli ha lasciato scampo.
Non aveva documenti: i poliziotti della Volante lo hanno identificato da alcune scritte in latino tatuate sul braccio. Era ancora vestito come nei video, con jeans e maglietta. In tasca una foto di Chamila, strappata dalla sua carta d'identità, e una ciocca di capelli, presumibilmente della donna.
In un primo momento gli inquirenti avevano ipotizzato una fuga all'estero, come aveva già fatto dopo l'omicidio della 23enne. Infatti il 35enne era stato catturato in Germania e poi estradato.
Stavolta l'epilogo è stato ancora più tragico. Emanuele De Maria sarebbe tornato libero tra cinque anni. Era considerato un "detenuto modello".
Alcune immagini dei soccorsi in piazza del Duomo a Milano