12 May, 2025 - 20:06

United, la crisi continua nonostante la finale europea: nuovo record di sconfitte in casa

United, la crisi continua nonostante la finale europea: nuovo record di sconfitte in casa

Questa stagione sarà ricordata a lungo nella città di Manchester, ma per motivi tutt'altro che esaltanti: se il City ha fallito clamorosamente nel confermarsi a livello nazionale e internazionale, venendo eliminato anzitempo dalla Champions League e cedendo il titolo al Liverpool, lo United sta vivendo un autentico incubo. I Red Devils sono precipitati al 16° posto in Premier League, fermi a 38 punti a due giornate dalla fine, con la concreta possibilità di chiudere il campionato sotto quota 40: un traguardo minimo, spesso considerato la soglia salvezza, che lo United rischia seriamente di non raggiungere.

Una fotografia impietosa per un club che, fino a pochi anni fa, lottava stabilmente per i vertici del calcio inglese ed europeo. La distanza dai cugini è tornata abissale, ma il crollo del Manchester United ha assunto contorni quasi tragici, alimentati da numeri che parlano di una crisi strutturale e profonda.

Old Trafford è un incubo: record di sconfitte in casa per il Manchester United

Il dato che più allarma e umilia la tifoseria è quello legato alle sconfitte casalinghe: con il recente ko contro il West Ham, maturato all'Old Trafford grazie al gol di Tomas Soucek, lo United ha toccato quota nove sconfitte interne in campionato. Un numero che eguaglia il record negativo stabilito nel 1930-31, anno della retrocessione, e replicato solo nel 1962-63.

In entrambi i casi si trattava di stagioni travagliate, ma mai come quest'anno il divario tra ambizioni e realtà è apparso così netto. Il dato assume contorni ancora più preoccupanti se si considera che la squadra è andata in svantaggio in casa per ben 12 volte, segnale di un'inadeguatezza mentale e tattica che parte sin dai primi minuti di gioco.

E poi il Manchester United non vince una partita in Premier League dal 16 marzo, contro il Leicester: una striscia negativa che dura da nove giornate. Un simile digiuno si era verificato soltanto una volta sotto la gestione di Sir Alex Ferguson, nel 1992, ma allora il contesto era ben diverso e il progetto tecnico aveva basi solide.

Europa League: ultima spiaggia dello United per alleviare il record negativo 

L'unica luce in fondo al tunnel per il Manchester United arriva dall’Europa League, dove la squadra di Ruben Amorim è riuscita, quasi sorprendentemente, a raggiungere la finale, che si disputerà a Bilbao il prossimo 21 maggio. Sarà una sfida tutta inglese contro il Tottenham, altra squadra alla ricerca di riscatto. Lo United ha vinto una sola volta la seconda competizione europea, nel 2016-17 con José Mourinho in panchina, mentre è caduto nella finale del 2020-21.

Gli Spurs, dal canto loro, vantano due successi in Europa League (all’epoca Coppa UEFA) e puntano a mettere in bacheca il terzo trofeo continentale. Per i Red Devils si tratta di una finale dal valore simbolico immenso: non solo un'occasione per alzare un trofeo, ma anche per ridare dignità a una stagione altrimenti disastrosa. Fallire anche a Bilbao equivarrebbe a completare il disastro, chiudendo un'annata senza titoli e con un piazzamento in campionato ai limiti della retrocessione.

Amorim lancia l’allarme

Al termine della sconfitta contro il West Ham, il tecnico Ruben Amorim non ha cercato alibi, assumendosi tutta la responsabilità di una stagione che definire fallimentare appare persino riduttivo. "Non possiamo vivere un'altra stagione come questa il prossimo anno. Se questa situazione persiste, dobbiamo lasciare il posto ad altre persone", ha dichiarato con franchezza l’allenatore portoghese.

Parole forti, che indicano come anche all’interno del club si stia prendendo coscienza della gravità della crisi. Amorim ha parlato di un’estate decisiva per “cambiare la mentalità della squadra”, ma serviranno più di semplici parole per ricostruire dalle macerie. Il Manchester United si trova a un bivio storico: o risorge con coraggio e una visione chiara, o rischia di sprofondare in un medioevo calcistico da cui sarà sempre più difficile riemergere.

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Luca Liaci
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