“You can all judge my body all you want, but at the end of the day it’s MY body. I love it & I’m comfortable in my skin”
Simone Biles, due volte campionessa olimpica, risponde così agli haters che, anziché ammirare i suoi successi, si soffermano sul suo fisico. Sui social media è comune che alcuni utenti offendano e critichino altri users per il loro aspetto. D’altra parte, tantissimi personaggi famosi mandano un messaggio positivo: amarsi, accettarsi e migliorarsi.
La body positivity ha radici nella Fat Acceptance Movement, un movimento sociale nato alla fine degli anni ’60 negli Stati Uniti, nel contesto delle lotte per i diritti civili e del movimento femminista. In quegli anni si formarono gruppi e furono pubblicati libri e saggi che mettevano in discussione i canoni estetici imposti alle donne e il ruolo che la società assegnava loro. Un contributo significativo arrivò nel 1978 con la pubblicazione di ‘Fat is a Feminist Issue’ di Susie Orbach, in cui l'autrice analizza come la società giudichi i corpi femminili e come questo influisca sul modo in cui le donne vivono il proprio corpo.
“Fat Is A Feminist Issue talked about our lived experience: how preoccupied we could become with eating, not eating and avoiding fat. Emotionally schooled to see our value as both sexual beings for others and midwives to their desires, we found ourselves often depleted and empty, and caught up in a kind of compulsive giving. Eating became our source of soothing”.
Con l'avvento dei social media, la body positivity ha acquisito una nuova dimensione, trovando nei canali digitali uno spazio per diffondere il suo messaggio: da influencer a semplici utenti, si dà visibilità alle storie più disparate e a fisicità che vengono esclusi dalla rappresentazione mainstream. Tuttavia, i social media esercitano un’influenza ambivalente sull’immagine di sé, con effetti che possono essere sia benefici che dannosi.
Le foto pubblicate sui social media sono spesso ritoccate, con l’obiettivo di eliminare quelli che vengono percepiti come difetti: rughe, cellulite, imperfezioni della pelle o peli. Piattaforme come Instagram offrono anche numerosi filtri, che, se usati in chiave ironica, non creano alcun danno. Tuttavia, molte persone finiscono per utilizzarli in modo sistematico, contribuendo così alla diffusione di un ideale di bellezza irrealistico. Non si tratta, ovviamente, di un comportamento “sbagliato” in sé, ma può alimentare insicurezze e aspettative poco realistiche, soprattutto tra i più giovani.
Quante volte ci si ritrova a confrontarsi con gli influencer? Scorrendo il feed di Instagram, sembra che ovunque compaiano immagini di vite perfette: corpi scolpiti, abitudini sane ed equilibrate, successo apparentemente senza sforzo. Tuttavia, il paragone costante con questi modelli idealizzati può avere conseguenze serie sulla salute mentale e fisica. Molti giovani, influenzati da queste rappresentazioni irrealistiche, sviluppano disturbi alimentari nel tentativo di raggiungere una perfezione inesistente. Tra le tendenze più preoccupanti in crescita ci sono le diete estreme, come la “coquette diet” o la “K-pop Idol diet”, che promuovono perdite di peso rapide e non sostenibili, ignorando i rischi per la salute e la mancanza di basi scientifiche.
La rappresentazione inclusiva sui social media riveste un ruolo fondamentale nella promozione della body positivity. Mostrare corpi diversi per taglia, etnia, genere, età o abilità contribuisce a contrastare i rigidi canoni tradizionali. Quando le persone si riconoscono in ciò che vedono online, si sentono meno sole e più libere di accettarsi per come sono. La visibilità di corpi reali e autentici può diventare uno strumento potente per costruire autostima, soprattutto tra i giovani, e per scardinare l’idea che esista un solo modo giusto di essere belli. In questo senso, i social media, se usati in modo consapevole, possono trasformarsi in uno spazio dove sentirsi liberi.
La body positivity, pur avendo contribuito in modo significativo all’inclusione e all’accettazione dei corpi non conformi, ha suscitato anche diverse critiche. Alcuni sostengono che possa generare una nuova forma di pressione: quella di dover amare il proprio corpo in ogni momento, anche quando ciò risulta difficile. Altri la accusano di normalizzare comportamenti poco salutari. In risposta a queste problematiche è nato il movimento della body neutrality, che propone un approccio più equilibrato: invece di concentrarsi sull’aspetto estetico, invita a valorizzare la funzionalità del corpo e il benessere complessivo. L’aspetto fisico viene così considerato solo una delle molte dimensioni che definiscono l’individuo
La body positivity ha aperto la strada a una visione più inclusiva del corpo, ma il dibattito è in continua evoluzione. Che si scelga di celebrare il proprio aspetto o semplicemente di accettarlo, l’importante è costruire un rapporto sano con il proprio corpo e riconoscere il proprio valore a prescindere da esso.
A cura di Margherita Maurich