27 Nov, 2025 - 13:17

L’era dell’overthinking: come imparare a fermare la mente

In collaborazione con
Francesca Labrozzi
L’era dell’overthinking: come imparare a fermare la mente

Viviamo in un mondo che non si ferma mai: notifiche, decisioni continue, multitasking e un costante confronto con gli altri. In questa cornice nasce un fenomeno sempre più diffuso: l’overthinking, il pensare troppo, analizzare ogni dettaglio, rimuginare fino allo sfinimento.

Non si tratta semplicemente di preoccuparsi, ma di un vero e proprio loop mentale, alimentato da stress, pressioni sociali e dall’idea – profondamente culturale – che la nostra mente debba essere sempre attiva, produttiva, performante. ma cosa significa davvero “fermare la mente”? E come possiamo uscire da questa spirale? 

Perché pensiamo troppo: le radici dell’overthinking

Negli ultimi anni si è affermata una nuova forma di pressione: non basta essere efficienti nel lavoro o presenti nella vita sociale, dobbiamo anche pensare nel modo “giusto”,prendere decisioni rapide, avere sempre un’opinione, una risposta, una soluzione. La nostra società premia chi è veloce, brillante, “sul pezzo”. Di conseguenza, molti vivono il pensare non come un processo naturale, ma come un compito da ottimizzare. Questo crea un circolo vizioso: più ci sforziamo di controllare i pensieri, più essi aumentano.

L’overthinking diventa così il sintomo di una cultura che chiede troppo alla mente e troppo poco alla presenza. L’incertezza, amplificata da crisi globali, cambiamenti rapidi e precarietà emotiva e lavorativa, alimenta un bisogno di controllo che non può essere soddisfatto.

Il cervello, quando percepisce qualcosa come minaccioso o imprevedibile, attiva un sistema di allerta che tende a “pensare di più”, come se analizzare la situazione potesse garantire protezione. Ma spesso accade il contrario: più cerchiamo risposte tra i pensieri più ci perdiamo. In questo senso, l’overthinking è una forma di autodifesa emotiva che però rivolta contro di noi.

Perché la mente non si spegne mai

La nostra giornata è frammentata: email, notifiche, messaggi, stimoli visivi, informazioni senza sosta. Il cervello non è progettato per questo tipo di sovraccarico. Più passiamo da un’attività all’altra, più la mente rimane in uno stato di attivazione – una sorta di “modalità di sopravvivenza” cognitiva – che rende difficile rallentare.

Molti credono che pensare molto equivalga a controllare la situazione. In realtà, l’overthinking è spesso una forma di fuga: pensiamo per evitare l’emozione, per non agire, perché ci fa sentire momentaneamente protetti. Ma il controllo totale non esiste. E la mente, senza un limite, continua a correre. 

Viviamo in un tempo che richiede velocità mentale, efficienza e risposte immediate, ma il nostro benessere psicologico ha bisogno dell’opposto: pause, lentezza, presenza. Fermare la mente non significa svuotarla, ma imparare a darle spazio. Ridurre il rumore interno significa tornare a sentire. E sentire significa tornare a vivere con autenticità. L’overthinking non è una condanna: è un campanello d’allarme. E ascoltarlo è il primo passo per ritrovare un ritmo più umano, più gentile, più nostro.

A cura di Francesca Labrozzi

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