17 Jun, 2025 - 17:46

La guerra tra Israele e Iran farà aumentare benzina e bollette in Italia?

La guerra tra Israele e Iran farà aumentare benzina e bollette in Italia?

L’escalation militare tra Israele e Iran, con attacchi reciproci e tensioni crescenti nel cuore del Medio Oriente, ha riacceso i riflettori sugli effetti che i conflitti geopolitici possono avere sui mercati energetici globali e, di riflesso, sulle tasche degli italiani. In un contesto già segnato da incertezze economiche e da una transizione energetica non ancora compiuta, la domanda è inevitabile: la guerra tra Israele e Iran farà aumentare benzina e bollette in Italia?

Il Medio Oriente, e in particolare il Golfo Persico, rappresenta uno snodo fondamentale per la produzione e l’esportazione di petrolio e gas a livello mondiale. L’Iran, coinvolto direttamente nel conflitto, produce circa il 4% del greggio mondiale e detiene il 9% delle riserve globali. Attraverso lo Stretto di Hormuz, passano ogni giorno oltre 20 milioni di barili di petrolio, ovvero più del 20% del commercio mondiale di oro nero, e una quota significativa di gas naturale liquefatto. Qualsiasi minaccia a questa rotta strategica si riflette immediatamente sui prezzi internazionali di petrolio e gas.

Guerra Israele-Iran: gli effetti immediati sui prezzi

Dopo l’attacco israeliano in Iran del 13 giugno 2025, i mercati hanno reagito con un aumento repentino dei prezzi delle materie prime energetiche: il Brent è salito del 10%, attestandosi intorno ai 75 dollari al barile, mentre il prezzo del gas naturale ad Amsterdam è cresciuto del 4%, toccando quota 37,60 euro al megawattora. In Italia, il prezzo medio della benzina in modalità self è passato da 1,704 a 1,706 euro al litro, mentre il diesel è aumentato di tre centesimi, fino a 1,604 euro/litro.

Perché l’Italia è così esposta?

L’Italia importa oltre il 90% del gas naturale e il 95% del petrolio che consuma, rendendola uno dei Paesi europei più vulnerabili alle fluttuazioni dei prezzi energetici internazionali. Circa il 40% della produzione elettrica nazionale dipende dal gas, il che significa che ogni aumento del costo di questa materia prima si riflette direttamente sulle bollette di famiglie e imprese.

Impatto su bollette e imprese

Un incremento del 10-15% dei prezzi del gas potrebbe spingere il costo dell’elettricità da 120-150 euro per megawattora a 140-180 euro, con un impatto diretto sulle bollette delle imprese e delle famiglie. Secondo il Centro studi di Unimpresa, se le tensioni dovessero prolungarsi, il rincaro medio delle materie prime energetiche potrebbe arrivare al 20% rispetto ai valori del 2024, traducendosi in un aumento dei costi per le imprese italiane di circa 10,5 miliardi di euro all’anno, di cui oltre 6 miliardi graverebbero sulle piccole e medie imprese.

Il settore dei trasporti: la prima linea del rischio

Il comparto dei trasporti è tra i più colpiti: l’aumento stimato di 10-15 centesimi al litro per diesel e benzina comporta per una flotta media di 50 camion un aggravio annuo tra i 200.000 e i 300.000 euro. Questi rincari rischiano di essere trasferiti sui prezzi finali dei beni, alimentando l’inflazione e comprimendo il potere d’acquisto delle famiglie italiane.

Possibili scenari futuri

Gli analisti sottolineano che, se il conflitto dovesse restare circoscritto a Israele e Iran, senza coinvolgere altri grandi produttori della regione e senza danni alle infrastrutture petrolifere, gli effetti sui prezzi potrebbero essere contenuti e temporanei. Tuttavia, il rischio di una crisi prolungata o di un blocco dello Stretto di Hormuz resta concreto e potrebbe innescare una spirale di rincari ben più significativa.

Strategie di mitigazione

Negli ultimi anni, l’Italia ha diversificato le proprie fonti di approvvigionamento, aumentando le importazioni di gas liquefatto da Stati Uniti e Qatar e rafforzando i flussi dai gasdotti del Nord Africa e dall’Azerbaigian. Le riserve strategiche di gas, riempite al 90%, offrono una certa protezione contro shock temporanei. Tuttavia, eventuali misure di sostegno pubblico, come sgravi fiscali o tetti ai prezzi, avrebbero un impatto sul bilancio statale già gravato dal debito.

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