30 Jun, 2025 - 13:23

Meme Therapy: perché ridere su Internet è una scelta di marketing funzionale

In collaborazione con
Erika Marino
Meme Therapy: perché ridere su Internet è una scelta di marketing funzionale

Dal creare un nuovo post a costruire una vera e propria strategia di marketing, il meme-nel giro di pochi anni- è diventato la chiave per fare marketing con la M maiuscola. Non è più solo una battuta con sopra una foto sgranata: è un linguaggio, posizionamento, community. Perché il meme non solo fa ridere: spiega, connette e -soprattutto- vende.

Come i meme sono diventati asset di comunicazione

Un tempo vi erano immagini sgranate con dei font orribili, nate nei posti più sperduti del web e condivisi per ridere con perfetti sconosciuti. Ora i meme hanno fatto un salto di qualità: da cazzeggio online ad un vero e proprio linguaggio, capace di muovere intere strategie di comunicazione. Sono diventati un modo per farsi notare, entrare nel feed della gente -e soprattutto nella testa- delle persone.

Viviamo in un’epoca in cui l’attenzione dura meno di un video di TikTok e il meme è diventato l’unità minima del contenuto virale: dice tanto, in pochissimo. I brand l’hanno capito e l’hanno trasformato in un’arma strategica: per far ridere, certo, ma anche per creare complicità, cultura, appartenenza. I meme sono questo: cultura pop istantanea, ma serve ritmo, ascolto, contesto; perché se sbagli il tono, il pubblico lo capisce subito: e in un attimo, diventi meme tu — ma nel senso sbagliato.

Meme Marketing: quali sono i brand top e flop

Usare un trend non basta per far ridere il tuo pubblico, anzi, ci vuole un attimo per scivolare nel cringe marketing. Ma c’è chi ha capito benissimo come funziona questa lingua e la parla con la giusta ironia:

  • Ryanair: si prende in giro meglio di chiunque altro, e la gente lo adora
  • Netflix: mescola scene delle sue serie con riferimenti alla cultura pop creando dei format virali
  • Ceres: maestra del meme in tempo reale, sono: ironici, divertenti e sempre sul pezzo.
  • Duolingo: è riuscito a creare un meme identity con la sua mascotte che minaccia gli utenti di fare pratica. Iconico!

E poi, ci sono gli altri. Quelli che forzano battute senza cogliere il tono del web; un po' come quel parente che prova a fare il simpatico e cala il gelo nella stanza.

I tre errori più frequenti

  1. 1. Parlare Gen Z senza farne parte: brand con un target completamente diverso che usano un trend di tiktok o un template solo perché ‘’quello della concorrenza ha spaccato’’. È un grande NO per me: se non ti appartiene si sente. E fidati, è peggio di non farlo proprio.
  2. 2. Usare meme a caso: un meme ha delle regole, anche se non scritte. Se lo usi a caso, senza capire perché fa ridere, si vede.
  3. 3. Forzare una battuta solo per postare: il meme deve essere veloce, dritto, ben pensato. Stare sempre sul pezzo sembra la mossa giusta, ma a volte il silenzio è più dignitoso. Fare meme non è una scienza esatta ma se usati bene sono l’arma più potente che puoi avere in tasca.

Meme Theraphy e Branding Emotivo

Nel 2025 il pubblico cerca un brand che parli come loro, con loro e a volte per loro. La meme therapy è il modo in cui le persone elaborano emozioni, paure e frustrazioni trasformandole in ironia e senso di appartenenza. Il meme è quella miccia istantanea che trovi nel feed e che crea connessione. Com’è che si dice? Se vuoi farla innamorare falla ridere. La conversione parte proprio da lì: da un sorriso. È storytelling condiviso, e sì, far ridere è la forma più potente di marketing.

A cura di Erika Marino

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