Non più eroi impeccabili, ma cattivi affascinanti. Nelle serie TV contemporanee, i personaggi moralmente ambigui conquistano il pubblico più dei “buoni”. Hanno difetti, traumi irrisolti, zone d’ombra: e proprio per questo appaiono più reali, umani e interessanti.
Dai drammi familiari alle dark comedy, il trend è chiaro: il villain non è più solo un ostacolo alla trama, ma ne diventa il cuore pulsante.
Georgia Miller (Ginny & Georgia): una madre perfetta... forse
Uno degli esempi più recenti è Georgia Miller, protagonista di Ginny & Georgia. Apparentemente è una madre amorevole, dinamica e sopra le righe. Ma sotto la superficie si nasconde una donna capace di manipolare, mentire e – all’occorrenza – eliminare chi ostacola la felicità della sua famiglia.
Il pubblico la ama proprio per questo contrasto: è protettiva ma spietata, dolce e calcolatrice. Un personaggio sfaccettato che incarna il concetto moderno di anti-eroina.
Joe Goldberg (You): lo stalker più amato della TV
Nel mondo reale sarebbe inaccettabile. Ma nella finzione di Netflix, Joe Goldberg è diventato un’icona. Ex libraio, ora professore, sempre ossessivo: la sua voce narrante accompagna omicidi, bugie e relazioni tossiche con un tono così lucido e riflessivo da farlo sembrare “normale”.
Il trucco sta nella scrittura e nell’interpretazione di Penn Badgley, che riesce a rendere un killer uno specchio delle nostre insicurezze affettive. Joe è inquietante ma “comprensibile”: ed è questo che affascina.
Logan Roy (Succession): il potere senza redenzione
C’è poi chi non cerca nemmeno di piacere, ma resta memorabile per carisma e crudeltà. Logan Roy, patriarca della famiglia Roy in Succession, è l’esempio perfetto: brutale, manipolatore, autoritario, ma anche il motore narrativo della serie.
Con la sua sola presenza, Logan domina la scena, determinando le azioni degli altri personaggi e incarnando una figura di potere assoluto, privo di filtri e di morale. Non si ama Logan, ma si guarda la serie per vedere cosa farà ancora.
Perché ci piacciono i cattivi?
La risposta è tanto psicologica quanto culturale. I villain ben scritti sono complessi, imprevedibili e spesso più sinceri degli eroi. Mostrano fragilità, desideri oscuri, limiti umani. E questo crea identificazione.
Inoltre, nel contesto delle piattaforme streaming e delle narrazioni a lungo respiro, il pubblico è più aperto alla sfumatura morale, pronto ad empatizzare con figure controverse, talvolta addirittura a giustificarle.
Il villain come specchio della nostra epoca
Il successo di questi personaggi riflette anche il nostro presente: un’epoca di crisi etiche, disillusione sociale e ricerca di autenticità. I “buoni” tradizionali appaiono troppo semplici per raccontare il caos moderno. Servono figure più complesse, che vivano tra scelte ambigue e conseguenze drammatiche.
Ed è in questa ambiguità che il pubblico trova fascino, attrazione e – paradossalmente – verità.
Dai cattivi ai protagonisti assoluti: un’evoluzione narrativa
Quello che una volta era il “cattivo della storia”, oggi è spesso il centro dell’intera narrazione. Non più solo l’oppositore dell’eroe, ma il personaggio che ci costringe a riflettere, a giudicare e a rivedere le nostre certezze.
Georgia, Joe, Logan: tre nomi, tre modi diversi di essere villain, e un unico risultato. Sono loro a farci tornare episodio dopo episodio, con il fiato sospeso. Perché ormai, il “cattivo” non è più solo un ruolo: è la nuova definizione di protagonista.
A cura di Jessica Mirabello