Nati nel bagliore di TikTok e cresciuti nell’ombra delle periferie, si fanno chiamare baby gang, ma sotto a questo nome che pare quasi innocuo si nascondono realtà più complesse e rischiose. In Italia, queste bande di giovani adolescenti, provocano rapine, aggressioni, furti; e nutrono una paura che si diffonde e cresce.
Ma perché sono così tanto potenti? Ogni furbata che fanno è un trofeo da esibire online. Cosa frulla nella testa di questi ragazzi, per scegliere la via della violenza? E principalmente, come si preparano ad accoglierli le varie città italiane? In questo articolo entreremo nel cuore di questo argomento, tutt’ altro che una moda criminale: un segnale dall’allarme, coronato di bisogno, di abbandono e su un futuro ancora tutto da costruirsi.
Quando si parla di bande giovanili o gang si finisce spesso per confondere il vero significato, attribuendo ad esse etichette che non calzano con la realtà. Questa confusione è alimentata dall'uso troppo facile, specialmente nelle cronache giornalistiche, dell’epiteto baby gang a notare comportamenti problematici che interessano i giovani. È necessario distinguere con cura tra bande organizzate e semplici aggregazioni occasionali; il quale compiono atti vandalici in gruppo. In seguito, possiamo anche citare il co-offending, si tratta di gruppi di ragazzi, non necessariamente minorenni che si incontrano per concludere azioni violente: aggressioni, furti o rapine, e ciò non richiede l’esistenza di una vera e propria banda organizzata e consolidata.
Per poter parlare con cognizione di gang o bande, è indispensabile che siano presenti alcuni principi: la costanza nel tempo della frequentazione, la condivisione di un sistema di valori, di codici comunicativi e norme interne, la presenza di una personalità dirigente, un leader. Per affrontare il discorso relativo alla partecipazione di minori e ragazzi alla delinquenza del gruppo bisogna guardare tutti quei fatti che contribuiscono a creare in adolescenza quei fenomeni devianti problematici e antisociali. Fra questi è di un’importanza preponderante la necessità di costruirsi una individualità, bisogno profondissimo e quasi una tortura per essi, quasi sempre cercato nella propria banda, e, in genere, nel proprio gruppo paritario. I componenti di una Baby Gang si sentono uguali e si sentono di appartenere al gruppo, in generale, lo sentono affettivamente, lo sentono sentimentale, e vi riconoscono quindi li dentro la propria identità sociale.
Un altro aspetto che contraddistingue i componenti delle Baby-Gang è dato dal senso di abbandono e di isolamento che nasce spesso dalla leggerezza dei rapporti con la famiglia e la comunità di riferimento; mantengono inoltre tratti elevati di estroversione e di emotività-psicotica, cercando nel proprio gruppo occasioni di esperienze adrenaliniche, nella quali la situazione di rischio si trasforma in situazione stimolante, utile per mettere alla prova sè stessi. Gli atti antisociali o illegali divengono in tal modo, una forma per esprimersi, per identificarsi, facendo conto delle cattive situazioni che queste persone hanno alle spalle, condizioni economiche, morali. Ciò rappresenta per costoro una delle vie più semplici, per affermarsi e di avere un riconoscimento nel loro piccolo gruppo, di riparare i fallimenti, le carenze affettive e di provare, mediante la via immunizzante del rischio, esperienze forti che distraggano dal senso di abbandono e di emarginazione.
I gruppi giovanili diffusi in molte città italiane, cosiddetti gruppi di strada, sono formati da giovani che si incontrano in luoghi pubblici: parchi, piazze, centri commerciali, stringendo legami d’amicizia, condividendo codici di lealtà, simboli estetici e in certi casi esperienze di marginalità. Questi gruppi possono raggruppare giovani di diversa nazionalità, accomunati da condizioni socioeconomiche precarie e da un senso di appartenenza reciproco. Pur potendo mostrare episodi di devianza, dal consumo di alcol e di stupefacenti alla prepotenza nei confronti degli estranei, alla manifestazione di spirito vandalico, essi non devono essere etichettati in automatico come gang criminali. Etichettarli così non significa alimentare i pregiudizi, favorire stereotipi. Occorre avere nell'analisi di queste schiere un criterio di misurata prudenza: distinguere fra devianze episodiche e strutture criminali organizzate, evitando facili progressi, che, lanciati dai mass-media, rischiano di trasformarsi in rivelazioni che si auto avverano. Un intento di intessere, prevenzione, integrazione sociale, educazione, eviterà veramente i pericoli che dalle bande giovanili, favorirà cammini di crescita positiva e di inserimento».
Associazioni connotate in tale modo, nella loro singolarità, si trovano in tutta Italia, nelle periferie dei grandi centri come in città o paesi. In ciascuno vi sono naturalmente delle differenze. In alcune città del meridione e in tanti quartieri urbani, ad esempio a Napoli, all’elemento di marginalità e di povertà si aggiunge spesso l’incapacità di difendersi, per parte dei giovani, dalle proposte di modelli di vita offerti dai gruppi organizzati dello spaccio o in opposizione ad essi, ovvero, da parte di elementi singoli, dagli stimoli di una società, che li condanna prima ancora di averli conosciuti. Le cosiddette baby gang, si rivelano con forme diverse, a seconda delle città e dei contesti sociali in cui prendono vita.
Nel territorio di Napoli, per es., la marginalità pei giovani e la povertà economica si intrecciano costantemente con influenza della camorra e con quella esercitata dai modelli consumistici, che dominano presso i ceti più progrediti, mettendo gli adolescenti in condizione di particolare vulnerabilità dinanzi alle proposte di arruolamento in gruppi litigiosi e di spietata organizzazione. In altre città, come Torino, Milano, Genova e Roma, si ritrovano più spesso gruppi costituiti da ragazzi italiani e da stranieri, segnati da povertà economica e culturale.
Questi ragazzi, oltra a far fronte alle difficoltà concrete, devono misurarsi nella prova di costruirsi una propria personalità in un ambiente che troppo raramente riesce ad individuarli e ad apprezzarli. Nelle piccole e medie località di provincia, invece, crescono aspri nuclei di giovani, prevalentemente italiani, che recano, per sfogo e per frustrazione, la loro violenza sulle specie particolarmente sensibili, sulla donna, sul malcapitato soggetto che appare loro come diverso di stipite o di costume. Tali distinzioni fra umori di baby-gang traducono con chiarezza come dietro il fenomeno vi siano bisogni profondi di coesione, bisogni di riscatto e di riconoscimento sociale, che cambiano con diversi tessuti urbani e con diverse condizioni economico-sociali del territorio.
Diverso, infatti, sarà l’ambiente e sarà diversa la loro condotta: quelli che delle medie o piccole città della grande provincia italiana non sanno far altro che sfogare con violenze di gruppo il più delle volte verso le donne verso gli elementi più deboli della società o i “diversi” per nascita, per colore, per condizione, il senso della propria frustrazione.
A cura di Alice Masneri