Nel panorama della lotta alla mafia italiana, il nome di Emanuela Loi è diventato simbolo di coraggio, dedizione e sacrificio. La sua storia personale si è intrecciata drammaticamente con la tragica strage di via D’Amelio, in cui perse la vita insieme al magistrato Paolo Borsellino e ad altri quattro agenti di scorta.
Prima donna poliziotta a cadere in servizio, Emanuela Loi rappresenta ancora oggi un esempio luminoso di legalità e impegno civile.
Emanuela Loi nacque il 9 ottobre 1967 a Cagliari, e trascorse l’infanzia e la giovinezza nel vicino paese di Sestu, in provincia di Cagliari.
La famiglia Loi era composta da papà Virgilio, ex dipendente delle Ferrovie, mamma Berta Lai, il fratello maggiore Marcello e la sorella Maria Claudia.
Emanuela era l’ultimogenita e cresceva in un contesto familiare solido, caratterizzato da valori semplici ma profondi. Da bambina sognava di diventare insegnante e per questo frequentò l’Istituto Magistrale.
Tuttavia, fu proprio la sorella Maria Claudia, la cui aspirazione era entrare nelle forze dell’ordine, a proporle di partecipare insieme al concorso per la Polizia. Alla fine solo Emanuela superò la selezione, distinguendosi subito per impegno e determinazione.
Nella sua breve vita, Emanuela Loi non si è mai sposata e non ha avuto figli. Tuttavia, era molto legata al suo fidanzato, con cui sognava di costruire una famiglia e un futuro insieme.
Il loro legame, come raccontato da parenti e amici, era solido e rappresentava un punto di riferimento emotivo importante per Emanuela, costantemente sostenuta dai suoi affetti anche nei momenti complessi di vita lavorativa.
Dopo il diploma magistrale nel 1989, Emanuela entrò nella Polizia di Stato e frequentò la Scuola Allievi Agenti di Trieste. Trasferita a Palermo nel 1990, fu assegnata all’alloggio del complesso Tre Torri, riservato a personale fuori sede.
Tra i primi incarichi, si occupò di piantonamento presso la casa dell’allora parlamentare Sergio Mattarella, della scorta alla senatrice Pina Maisano (vedova di Libero Grassi) e della sorveglianza del boss mafioso Francesco Madonia.
All’indomani della strage di Capaci, nel giugno 1992, fu inserita nella scorta del giudice Paolo Borsellino. Era tra le prime donne in Italia a svolgere servizio di scorta per obiettivi ad alto rischio: un incarico che Emanuela accettò con senso di responsabilità e in piena consapevolezza dei pericoli.
«Se ho scelto di fare la poliziotta non posso tirarmi indietro. So benissimo che fare l'agente di polizia in questa città è più difficile che nelle altre, ma a me piace», dichiarò una volta a parenti e colleghi, dimostrando il proprio senso di missione.
Il 19 luglio 1992, a soli 24 anni, Emanuela Loi perse la vita nella strage di via D’Amelio, mentre svolgeva servizio di scorta a Paolo Borsellino.
Una Fiat 126 carica di tritolo esplose proprio quando il magistrato stava raggiungendo l’abitazione della madre, provocando la morte del giudice e di cinque agenti: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli ed Emanuela Loi stessa. La giovane agente era da appena un mese nella squadra di scorta di Borsellino.
Il suo sacrificio è stato riconosciuto con il conferimento postumo della Medaglia d’Oro al Valor Civile: venne ricordata come esempio di dedizione, coraggio e abnegazione, diventando la prima donna poliziotto italiana uccisa in servizio. Da allora la sua memoria viene onorata in tutta Italia, e la sua storia rappresenta ancora oggi un modello di virtù civile e di impegno contro la mafia.
"Tutti noi dobbiamo fare la nostra parte per costruire una società in cui i valori della legalità, della pace, della giustizia siano fortemente radicati, perché non sia più necessario morire per difendere questi valori." — Claudia Loi, sorella di Emanuela.