21 Jul, 2025 - 13:18

Perché di Gaza sembra non importare?

In collaborazione con
Erika Marino
Perché di Gaza sembra non importare?

Quando il dolore diventa routine, Gaza continua a morire sparendo dietro al rumore, ma davvero possiamo far finta di niente?

Nell’infinità del mio scrolling mi è comparso un video di una ragazza che si poneva una domanda- seppur semplice ma con un peso immenso- ‘’perché di Gaza sembra non importare?’’.

Come ho già detto una domanda semplice, ma mi si è cucita addosso con una velocità e una resistenza indescrivibile.  Così ho fatto quello che facciamo tutti quando non si ha la risposta: ho chiesto a chatgpt.

Nella moltitudine di risposte alcune mi hanno colpito più di altre.

Saturazione emotiva

La sofferenza è all’ordine del giorno. Siamo costantemente bombardati d’immagini o video pieni di dolore e distruzione, divenendo così parte della nostra quotidianità.

La guerra ormai è all’ordine del giorno. L’Ucraina si difende dalla Russia ormai da 3 anni, la guerra dello Yemen dura da 9 anni e potrei continuare.

Compassion fatigue- si chiama così il meccanismo di difesa che s’innesca nel cervello umano per proteggerci da shock emotivi, ma che ci fa pagare un caro prezzo: un’empatia intorpidita o quasi inesistente.

Certe morti colpiscono più di altre- una frase fatta, certo, ma mai stata più vera. L’uomo reagisce in modo selettivo, è ovvio, di base gli individui sono degli economizzatori cognitivi.

Quando la cosa ci colpisce più da vicino, quando è un bambino europeo a morire la storia cambia. Ma quando è un bambino arabo o palestinese e vive già in una situazione disagiata, allora si può lasciar passare. Quindi quelle vite vengono deumanizzate e diventano solo un numero. Ed è così che l’uomo, il mondo, reagisce in modo selettivo.

Esporsi è scomodo

Influencer che vengono minacciati, studenti che vengono censurati; prendere una posizione pubblica può costarti. Così si sceglie il silenzio e in questo silenzio la narrazione rimane sempre quella più comoda a chi comanda.

Certo, ci sono persone che corrono il rischio, persone che non hanno paura di dire la propria. Marco Mengoni - è uno di loro- con la sua canzone ‘’sto bene al mare’’ e il video che lancia un messaggio che non ha bisogno d’interpretazioni.

Israele con le industrie belliche, le forniture energetiche e i rapporti commerciali- è una rete d’interesse colossale perché vi sia un’informazione corretta. Così chi racconta decide cosa sia giusto dire e su cosa tacere.

Bambini che vengono uccisi mente sono in fila per l’acqua, gente che ammazza per il cibo, il genocidio continua senza sosta. Non si dovrebbe parlare più di guerra ma di massacro.

Gaza sotto le bombe, e l’Italia? Laica solo quando le conviene

E l’Italia? Certo, quello che dovrebbe essere uno stato laico, prende la parola solo quando ad essere bombardato è un luogo di culto cattolico. Non trovate strano che la Meloni si esponga solo ora? Beh, io sì. Per quanto sia legittimo recriminare la guerra, oltre 58000 morti palestinesi tra ottobre 2023 e luglio 2025, forse qualche parola poteva essere spesa prima.

Scrollare di fronte al dolore: il vero fallimento dell’informazione

E mentre Gaza continua a morire, tu che fai? Ed io? Scolliamo, ci giriamo dall’altra parte ritornando a vivere, perché la sofferenza degli altri ormai fa da sfondo. Si pensa che questa grande rete che ci permette di essere costantemente informati potesse cambiare le cose, come se non fosse l’indifferenza umana il vero fardello.

E questa scelta, quella d’ignorare, quella di rendere le tragedie solo un contenuto da consumare, rende il tutto ancora più disumano. Parlarne dovrebbe essere il minimo.

A cura di Erika Marino

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