Negli ultimi anni, il virus West Nile – comunemente noto come febbre del Nilo – ha destato crescente attenzione in Italia e in Europa a causa dell’aumento dei casi legati al cambiamento climatico e alla diffusione delle zanzare portatrici. Ma quanto è realmente pericoloso questo virus? È contagioso tra le persone?
La febbre del Nilo Occidentale è una malattia infettiva virale causata dal West Nile Virus (WNV), appartenente alla famiglia dei Flaviviridae, la stessa di altri virus noti come dengue e febbre gialla. Il principale vettore del virus sono le zanzare del genere Culex, particolarmente diffuse anche nel nostro Paese, soprattutto nelle aree temperate e umide.
Il ciclo del virus coinvolge principalmente gli uccelli selvatici, che fungono da serbatoio naturale, e le zanzare che, pungendoli, si infettano e successivamente possono trasmettere il virus a esseri umani e altri animali quando si nutrono di sangue.
Una delle principali domande riguarda la contagiosità della febbre del Nilo. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità e gli esperti di virologia, la risposta è chiara: il virus NON si trasmette da persona a persona attraverso il contatto, la saliva, l’aria o altre vie simili:
Di conseguenza, non è necessario isolare i pazienti o preoccuparsi di un contagio diretto tra esseri umani.
Il quadro cambia in una piccola percentuale di casi:
Negli ultimi anni, l’andamento epidemiologico in Italia mostra come il WNV possa effettivamente causare decessi, ma in una quota molto limitata rispetto al numero totale di infettati:
Nel 2023, si sono registrati 27 decessi legati al virus West Nile contro 37 del 2022.
Nel 2025, il primo caso fatale ha riguardato una donna di 82 anni, mentre i casi gravi restano comunque pochi rispetto alla diffusione nazionale della malattia.
Secondo i bollettini ufficiali, solo 1 caso su 1.000 arriva alle conseguenze più gravi e fatali, tipicamente tra i soggetti più vulnerabili.
Ad oggi, non è disponibile un vaccino per la febbre del Nilo, né una terapia specifica. I trattamenti sono esclusivamente sintomatici, e nei casi gravi è necessario il ricovero ospedaliero per stabilizzare le funzioni vitali. Per questo motivo, la prevenzione rimane la strategia più efficace:
Chi presente sintomi compatibili (febbre alta, forti mal di testa, debolezza, torpore, disturbi neurologici) deve contattare il medico, che valuterà la necessità di approfondimenti diagnostici e, se necessario, del ricovero.
Nei casi lievi, i sintomi regrediscono spontaneamente in pochi giorni con riposo, idratazione e farmaci sintomatici (antipiretici, antidolorifici). Nei casi severi viene offerto supporto ospedaliero (idratazione endovenosa, assistenza neurologica).
Gli esperti raccomandano una prudente vigilanza, il rispetto delle regole di prevenzione e l’attenzione ai sintomi, ricordando che la stragrande maggioranza delle infezioni decorre in modo benigno e senza complicazioni.
Consultare i bollettini ufficiali e rivolgersi sempre a un medico in caso di sintomi sospetti è il modo migliore per proteggersi e informarsi correttamente.