Impronte, DNA e dubbi: il criminologo Marco Strano analizza i misteri del delitto di Garlasco
A 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il delitto di Garlasco torna al centro dell’attenzione mediatica e giudiziaria. Nonostante la condanna definitiva del fidanzato Alberto Stasi a 18 anni di carcere, nuove indagini sono state aperte, specie dopo il ritrovamento di tracce di DNA sconosciuto e le tante discordanze emerse nei rilievi degli investigatori.
Per fare chiarezza sui punti critici dell'inchiesta sul caso Garlasco, Tag24 ha intervistato il dottor Marco Strano, considerato uno dei maggiori esperti del mondo di psicologia investigativa e criminal profiling.
Garlasco, la scena del crimine e l’origine delle difficoltà investigative
Marco Strano spiega subito che la riapertura del caso paga pegno a una serie di problematiche avvenute nei primissimi istanti dell’indagine:
Gestione iniziale della scena: Chi interviene per primo sul luogo del delitto crede di trovarsi davanti a un incidente domestico, non a un omicidio. Non vengono adottate misure per evitare contaminazioni.
Scarsa esperienza: Molti operatori di polizia non avevano mai affrontato prima un’indagine per omicidio. Questo influenza i protocolli seguiti e la qualità della raccolta delle prove.
Ritardo del RIS: I Carabinieri del RIS, guidati allora dal comandante Luciano Garofano, intervengono sul posto solo dopo due o tre giorni, trovando una scena ormai compromessa da possibili contaminazioni.
“L’indagine era partita male – sottolinea Strano – e questo condiziona tutto ciò che è venuto dopo.”
La riapertura e il nodo delle impronte digitali
Centrale nelle nuove indagini è la questione delle impronte digitali, in particolare la cosiddetta “impronta 33”. In un primo momento questa viene giudicata non utilizzabile dagli esperti dattiloscopisti del RIS. Solo più tardi, una nuova perizia cerca di attribuirla a un sospetto, Andrea Sempio. Ma emergono nuovi dubbi:
Esperienza dei consulenti: Gli incaricati civili coinvolti (come Caprioli) non hanno la stessa esperienza degli operatori delle forze dell’ordine, portando a potenziali errori di valutazione.
Errori da principianti: Strano sottolinea come l’uso di software automatici potrebbe aver scambiato semplici graffi per minuzie identificative nelle impronte.
Numeri in discussione: Se in teoria l’impronta avrebbe dovuto presentare almeno 15 punti di identificazione, secondo Strano a mala pena se ne individuano cinque, troppo pochi per una comparazione certa.
Il criminologo evita giudizi sulle possibili ripercussioni legali di questi errori, ma evidenzia come tali difficoltà possano avere “conseguenze enormi sulla vita delle persone coinvolte.”
Il tentativo di identificare nuove impronte sui rifiuti
Secondo importante capitolo delle nuove indagini: la ricerca di impronte latenti su rifiuti e oggetti domestici (sacchetti, yogurt, confezioni di biscotti, etichette del tè). Strano chiarisce:
Esperienza dell’incaricato: Domenico Marchegiani, poliziotto di lunga esperienza, sarà incaricato di questa delicata indagine.
Probabilità di successo: In teoria impronte anche molto vecchie possono essere recuperate, ma tutto dipende da come i reperti sono stati conservati.
Problemi tecnici: Anche in presenza di un’impronta recuperata, questa potrebbe non essere comparabile o sufficiente, soprattutto se incompleta, parziale o di difficile lettura.
Un aspetto cruciale secondo Strano riguarda la difficoltà di “datare” le impronte: molti erano habitué della casa Poggi, per cui la presenza di una loro traccia non dimostra nulla a livello temporale né li collega direttamente al delitto.
Il ruolo del DNA: prezioso ma non risolutivo
Anche sul fronte genetico si pongono gli stessi problemi illustrati per le impronte digitali:
DNA da contatto: Un “touch DNA” sugli oggetti della casa è facilmente spiegabile con la presenza pregressa di amici, parenti o conoscenti, anche molti giorni prima dell’omicidio.
Indizio non dirimente: Senza la possibilità di datare la traccia, anche il riscontro di un DNA non appartenente a Stasi non rappresenta una svolta decisiva.
Novità reali? Tra false piste e scenari aperti
Alla domanda su quali siano le vere novità del caso dopo la riapertura delle indagini, Marco Strano è netto: “Al momento, non ci sono novità sostanziali.” L’unico elemento potenzialmente innovativo riguarda l’ipotesi, già discussa, che sulla scena del crimine ci fossero più persone e non solo il presunto esecutore materiale.
Strano sottolinea infine quanto la commistione tra errori originari nelle indagini, limiti tecnici delle attuali tecnologie investigative e la pressione mediatica abbiano reso il caso Garlasco uno dei “cold case” più complessi e discussi:
Limiti della scienza: Nella maggior parte dei casi, l’indagine pura e scientifica offre strumenti molto sofisticati, ma non può supplire agli errori umani iniziali.
Suggestione rispetto alle prove: Nel caso Garlasco, impronte digitali e DNA sono diventate oggetto di dibattito più mediatico che giudiziario, spesso senza la dovuta cautela tecnica.
Conseguenze sulla giustizia: In assenza di elementi risolutivi, il rischio è quello di processi mediatici che si sovrappongono a quelli giudiziari, influenzando percezione pubblica e carriera di investigatori e magistrati.