Il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi torna con forza all’attenzione della cronaca a seguito di un nuovo, inquietante ritrovamento avvenuto presso l’ospedale San Camillo di Roma.
Recentemente, durante i lavori di ristrutturazione del Padiglione Monaldi, sono stati scoperti resti umani.
La notizia, riportata da Il Giornale, ha riacceso speranze e tensioni, ponendo ancora una volta al centro della scena una delle vicende irrisolte più emblematiche della storia italiana.
I resti sono stati rinvenuti in un vecchio padiglione, il Monaldi, che un tempo ospitava il reparto di patologia clinica neuromuscolare. Attivo fino alla fine degli anni ‘80, il reparto era stato solo parzialmente ristrutturato nel 1999, poi dichiarato pericolante e lasciato in stato di abbandono.
Proprio in questo contesto trascurato, trasformato in rifugio di fortuna per i senzatetto, si sono svolti i lavori che hanno portato alla sorprendente scoperta.
Nonostante non sia certo che nel periodo della scomparsa di Emanuela Orlandi il reparto fosse abbandonato, gli inquirenti non escludono lo scenario in cui il corpo sia stato nascosto nel vano ascensore anche mentre l’area era ancora operativa.
Questo dettaglio, se confermato, potrebbe rappresentare un punto di svolta mai raggiunto nelle decadi di indagini.
Le ossa umane sono ora affidate agli anatomopatologi forensi, che stanno conducendo analisi volte a determinare sesso ed età dei resti.
La fase più attesa, però, è la comparazione genetica con il DNA di Emanuela Orlandi, detenuto dalla Procura di Roma. Solo l’esito di questo esame potrà dire se i resti appartengano davvero alla giovane cittadina vaticana scomparsa nel 1983, svelando forse la verità dietro un caso che ha appassionato e sconvolto l’Italia intera.
L’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, si è pronunciata con cautela: “Aspettiamo la comparazione genetica con il DNA di Emanuela, è un’ipotesi suggestiva, alla luce anche delle testimonianze che sono state confermate in parte dalle indagini svolte dalla squadra mobile”.
La prudenza, però, non cancella le speranze di una svolta definitiva.
Il ritrovamento avviene peraltro vicino ai luoghi che secondo la testimonianza di Sabrina Minardi, figura centrale nell’intero caso ed ex compagna di Enrico De Pedis, sarebbero stati teatro della detenzione di Emanuela.
Minardi, negli interrogatori, raccontò che la giovane fu portata in una cantina di un palazzo in via Pignatelli, proprio di fronte al San Camillo.
Questo sarebbe stato uno dei covi della Banda della Magliana, il famigerato gruppo criminale guidato da De Pedis, indicato come l’organizzazione responsabile del sequestro, della detenzione e dell’eliminazione della ragazza, rapita per esercitare pressioni sulla Santa Sede dopo l’attentato a Papa Giovanni Paolo II.
Le indagini nella zona hanno rinvenuto tracce di una lunga prigionia: catene fissate ai muri, un bagno improvvisato, dettagli confermati dai rilievi della squadra mobile. Tuttavia, non emersero indizi concreti sulla presenza di Emanuela.
Non tutto nei racconti della Minardi regge al vaglio degli inquirenti. La donna, nei verbali del 2008, sostenne che Emanuela Orlandi fu uccisa e il suo corpo gettato in una betoniera a Torvaianica, episodio che avrebbe coinvolto anche Giuseppe Di Matteo, bambino vittima di mafia la cui reale morte, però, avvenne dieci anni dopo la scomparsa di Emanuela.
Tali incongruenze sollevarono dubbi sulla attendibilità totale delle sue dichiarazioni, pur ritenute circostanziate per quanto riguarda la prigionia di via Pignatelli.
La scoperta delle ossa al San Camillo non è solo un capitolo investigativo: rappresenta uno squarcio in un mistero che da oltre quarant’anni interroga le coscienze e le istituzioni italiane. In attesa dei risultati del DNA, l’Italia osserva con trepidazione.
Che siano questi i resti di Emanuela Orlandi, si scriverebbe la parola “fine” su uno dei casi più drammatici e controversi di sempre. Diversamente, resterà l’ennesima traccia da decifrare nell’infinita ricerca della verità.