Il virus Chikungunya negli ultimi anni ha suscitato grande interesse anche in Italia a causa di alcuni focolai locali. In questo articolo risponderemo alle tre domande fondamentali relative a questa malattia: cosa provoca, quanto dura e soprattutto, come possiamo difenderci.
Cosa provoca il virus Chikungunya?
Il Chikungunya è una malattia virale trasmessa dalla puntura di zanzare infette del genere Aedes, principalmente dalla zanzara tigre (Aedes albopictus) e dall’Aedes aegypti.
Dopo un periodo di incubazione compreso generalmente tra 3 e 12 giorni, nell’85% dei casi si manifesta con sintomi improvvisi e intensi, anche se una piccola percentuale può essere asintomatica.
I sintomi principali comprendono:
- Febbre improvvisa, con temperature spesso superiori a 38,5°C e picchi fino a 40°C.
- Dolori articolari molto forti (artralgie), così intensi da indurre cambiamenti nella postura e limitare i movimenti. Questo aspetto è così caratteristico che il termine “chikungunya” significa appunto “ciò che piega” o “contorce”.
- Dolori muscolari (mialgie).
- Mal di testa.
- Affaticamento notevole e spossatezza.
- Nausea e vomito.
- Eruzioni cutanee (rash maculo-papulare, talvolta pruriginose, soprattutto nei bambini)
- Arrossamento degli occhi.
In poche persone, soprattutto anziani, neonati, donne in gravidanza e soggetti con patologie croniche, possono verificarsi complicanze come disturbi neurologici, cardiaci, gastrointestinali, o manifestazioni emorragiche leggere. Rarissimi i casi di decesso, di solito in pazienti molto fragili.
Quanto dura la Chikungunya?
La malattia presenta generalmente tre fasi:
- Fase acuta: i sintomi più intensi (febbre, dolori articolari e muscolari) durano in media 7-10 giorni, ma la febbre pura solitamente si risolve entro 4-5 giorni.
- Fase subacuta: può durare fino a 3 mesi dopo l’episodio acuto. In questa fase spesso persistono dolori articolari e senso di stanchezza.
- Fase cronica (più rara): i dolori articolari possono protrarsi per diversi mesi, e in alcuni casi anche per anni, rendendo il recupero lungo, soprattutto nelle persone più vulnerabili.
Durante il periodo acuto, la persona è spesso costretta a letto a causa dell’intensità del dolore e della febbre. Superati i primi 10-14 giorni, la maggior parte dei sintomi regredisce spontaneamente, anche se può rimanere la fatica e il dolore alle articolazioni per diverso tempo.
Come difendersi dalla chikungunya
Non esistono cure specifiche né un vaccino disponibile contro il chikungunya. L’unico modo efficace per prevenire la malattia è evitare la puntura delle zanzare responsabili della trasmissione, adottando tutte le principali misure di prevenzione individuale e ambientale.
Ecco le strategie raccomandate:
- Indossare abiti che coprano la maggior parte del corpo, meglio se chiari, perché i colori scuri attraggono maggiormente le zanzare.
- Applicare repellenti cutanei sulle aree scoperte (consigliati quelli a base di DEET, icaridina o IR3535, consultando sempre le indicazioni soprattutto per donne in gravidanza e bambini).
- Utilizzare zanzariere alle finestre e intorno ai letti; preferire quelle trattate con insetticidi per una maggiore efficacia.
- Installare reti anti-insetto su porte e finestre.
- Allontanare l’acqua stagnante da sottovasi, tombini, piscine per bambini, bidoni o qualsiasi contenitore che possa essere fonte di riproduzione delle zanzare.
- Utilizzare dispositivi elettrici antipuntura quando si soggiorna al chiuso o in luoghi infestati.
- Attivare l’aria condizionata: il freddo è poco tollerato dalle zanzare.
- Precauzioni particolari: donne in gravidanza, neonati e bambini piccoli dovrebbero sempre consultare il proprio medico prima di usare repellenti chimici, poiché in alcuni casi è sconsigliato. Per i neonati è meglio ricorrere a zanzariere fisiche e ad abiti protettivi.
Raccomandazioni ulteriori
Recenti evidenze mostrano che le zanzare Aedes sono attive anche durante il giorno, non solo all’alba e al tramonto. È quindi importante adottare le misure preventive ogni volta che si è in aree a rischio e non soltanto la notte.
In caso di sintomi sospetti dopo un viaggio in zone endemiche, avvisa subito il medico: la diagnosi precoce è utile per gestire i sintomi e prevenire eventuali complicazioni.