25 Jul, 2025 - 17:06

Alle origini di Donato Bilancia: genitori e vita privata del mostro dei treni

Alle origini di Donato Bilancia: genitori e vita privata del mostro dei treni

Donato Bilancia, noto alla cronaca come il “mostro dei treni” e uno dei serial killer più spietati della storia italiana, ha avuto un’infanzia e una vita privata profondamente segnate dalle origini familiari e da vicende dolorose.

Per comprendere appieno la figura di Bilancia, è necessario ripercorrere i suoi primi anni, il contesto domestico in cui è cresciuto e le relazioni con i suoi genitori, elementi che contribuirono a plasmare un percorso esistenziale deviato e drammatico.

Donato Bilancia: origini e genitori

Donato Bilancia nasce a Potenza il 10 luglio 1951, secondo figlio di Rocco Bilancia, un dipendente pubblico, e di Anna Mazzaturo, casalinga.

La famiglia rientra nella piccola borghesia meridionale, ma la stabilità è solo apparente: nel 1954 si trasferiscono prima ad Asti e, soli due anni dopo, definitivamente a Genova, spinti dalle esigenze lavorative del padre.

Già in quegli anni si evidenziano difficoltà sociali e personali: entrambi i figli, Donato e il fratello maggiore Michele, soffrono di asma e vivono frequenti tensioni familiari.

La casa dei Bilancia è teatro di conflitti, silenzi e umiliazioni. Il padre Rocco, descritto come severo e talvolta umiliante, non esita a ridicolizzare Donato davanti ai parenti, costringendolo addirittura, durante le vacanze in Lucania, a spogliarsi di fronte alle cugine per metterne in mostra le carenze fisiche.

La madre, invece, è fredda e poco empatica: quando Donato da piccolo soffre di enuresi notturna (la pipì a letto), espone il materasso bagnato in balcone davanti ai vicini, una vergogna che il bambino vive come una mutilazione intima.

L’isolamento e la faticosa adolescenza

L’infanzia di Bilancia è segnata da continue punizioni e da una profonda solitudine. Non riesce a costruire legami positivi con i genitori e sviluppa un forte legame solo con il fratello Michele, figura chiave nella sua vita.

A scuola, Donato si sente un escluso: deriso per il suo nome meridionale, si fa chiamare “Walter” per sentirsi meno diverso. Abbandona presto gli studi, dopo numerose bocciature in terza media; eppure, è un ragazzo veloce d’intelletto e sveglio, ma il disagio sociale e familiare lo conduce gradualmente verso il crimine.

Da adolescente, Bilancia compie i primi furti e si avvicina al mondo della microcriminalità. Il bisogno di accettazione lo porta a inserire se stesso in compagnie sbagliate, cercando nell’ambiente esterno quel senso di valore e appartenenza mai ricevuto tra le mura di casa.

Il rapporto con la famiglia: segnali di un trauma irrisolto

Il trauma maggiore nella vita privata di Donato Bilancia è rappresentato dal suicidio del fratello Michele, avvenuto nel 1987.

Michele si getta sotto un treno con il figlio di quattro anni tra le braccia, probabilmente sconfitto dalle difficoltà familiari e dalla separazione.

Questo evento segnerà per sempre la psiche di Donato: l’odio verso la cognata – ritenuta colpevole della tragedia – si trasforma col tempo in un generale disprezzo verso le donne, soprattutto quelle considerate causa di sofferenza.

Donato Bilancia: né moglie né figli, una vita privata tra solitudine e frustrazione

Sul fronte amoroso e relazionale, la vita di Bilancia è dominata da fallimenti e insicurezze. Non ha avuto una moglie né figli. Non intrattiene storie d’amore durature, alternando brevi relazioni a rapporti problematici, spesso segnati da incomprensioni e delusioni. 

In alcune testimonianze, emerge come l’incapacità di accettazione e il sentirsi costantemente giudicato abbiano alimentato una personalità fragile, narcisista, in costante ricerca di rivalsa e controllo.

Da adulto, Donato sperimenta anche episodi di violenza e devianza: minaccia e percuote una prostituta, viene denunciato per molestie da una commessa e subisce un grave incidente stradale che lo lascia in coma per due giorni.

Questi eventi, sommati all’abitudine di frequentare bische clandestine e ambienti criminali, contribuiscono a isolare ulteriormente Bilancia dal tessuto sociale, accrescendo rabbia, senso di ingiustizia e desiderio di rivalsa.

La famiglia come origine del malessere

La storia di Donato Bilancia dimostra come spesso le origini familiari e le dinamiche relazionali possono incidere profondamente sullo sviluppo emotivo e comportamentale di una persona.

Tra litigi, umiliazioni, assenza di empatia e una cronica carenza d’affetto, il piccolo Donato cresce nutrendo dentro di sé un senso di rabbia e insicurezza che, col tempo, sfocerà in una tragedia che sconvolgerà l’Italia.

La figura del “mostro dei treni” non si comprende davvero senza tornare alle sue radici: un’infanzia dolorosa, rapporti genitoriali fallimentari e una vita privata fatta di solitudine, frustrazione e una disperata sete di compensazione.

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