Sono immagini che riaccendono il dibattito attorno a uno dei casi di cronaca più discussi degli ultimi vent’anni.
Nel corso dell’ultima puntata stagionale di Quarto Grado, andata in onda venerdì 25 luglio, sono state mostrate in esclusiva le fotografie scattate nella sala autoptica dell’ospedale di Vigevano, dove il 16 agosto il dottor Marco Ballardini ha eseguito l’autopsia sul corpo di Chiara Poggi.
Si tratta di scatti emblematici che rimarcano in modo inquietante le possibili anomalie emerse già durante gli accertamenti medico-legali e che oggi sono al centro di una nuova inchiesta giudiziaria.
A colpire fin dal primo sguardo è lo stato di disordine documentato nelle immagini provenienti dalla sala autoptica.
Gli elementi lasciati fuori posto non sono solo dettagli marginali: potrebbero aver rappresentato un vero e proprio fattore di rischio per la contaminazione delle prove raccolte, in particolare della garza utilizzata per tamponare la bocca della giovane vittima.
Proprio su quella garza, è stato individuato l’aplotipo Y di DNA maschile, attribuito a quello che gli investigatori hanno soprannominato “Ignoto 3”.
Affrontare il tema della possibile contaminazione non è questione da poco: la corretta gestione delle prove e la loro integrità sono pilastri della giustizia.
In questo caso, il dubbio che il DNA isolato sulla garza possa derivare non dall’assassino, ma piuttosto da una contaminazione ambientale, rischia di minare la solidità dell’intera indagine forense.
Un secondo scatto mostra alcune garze bianche appoggiate direttamente sul tavolo della sala autoptica.
La loro collocazione solleva interrogativi basilari: se fossero state realmente sterili, non sarebbero dovute entrare in contatto con la superficie; se invece risultassero già contaminate, il loro corretto smaltimento avrebbe richiesto l’utilizzo dell’apposito contenitore giallo, visibile sullo sfondo.
Questo dettaglio può apparire secondario, ma in contesti di indagine scientifica anche il più piccolo errore può diventare fatale per l’esito delle analisi.
Non a caso, queste foto e i dettagli che ne emergono sono oggi materia di approfondimento degli investigatori, impegnati a stabilire con la massima chiarezza se il famoso aplotipo Y sia effettivamente attribuibile all’autore del delitto o, piuttosto, sia il frutto di una catena di contaminazioni verificatesi proprio nella delicata fase dell’autopsia.
L’inchiesta non si limita alle polemiche sulle procedure. Quarto Grado ha svelato anche una foto di classe dell’anno scolastico 2005/2006 dell’Ipsia Sannazzaro De Burgondi, nella quale è ritratto Andrea Sempio, vecchia conoscenza degli inquirenti.
È tra i suoi ex compagni, infatti, che si cerca oggi l’identità profonda di “Ignoto 3”: la procura ha chiesto i registri di classe dell’istituto di Voghera e si prepara a convocare e prelevare campioni di DNA ai compagni di allora, nel tentativo di comparare i profili genetici con quello rinvenuto sulla garza di Chiara Poggi.
Questa strategia investigativa punta a ricostruire i legami e i rapporti nati ai tempi della scuola per gettare nuova luce sul misterioso profilo genetico.
Un vero e proprio lavoro di pazienza che mira a combinare indagini di laboratorio, testimonianze e memorie del passato, nella speranza di superare i limiti imposti dagli errori o dalle disattenzioni procedurali emersi dalle immagini della sala autoptica.