Il club dei 27, è una credenza condivisa secondo cui la maggior parte degli artisti non superano i 27 anni, e si crede che attorno a ciò ruoti una sorta di maledizione. Il Club dei 27 è un mito che intreccia talento, tragedia e mistero, ma è davvero una maledizione o solo una triste coincidenza?
Con “Il Club dei 27” ci si riferisce ad una lista di artisti che hanno segnato epoche con la loro musica e talento, ma che purtroppo non sono arrivati ai 30.
Artisti come Jimi Hendrix, morto nel 1970 per un’overdose di barbiturici, il quale ha ridefinito la chitarra elettrica, Janis Joplin, stroncata dall’eroina lo stesso anno, Jim Morrison, leader dei Doors, se n’è andato nel 1971, si crede per overdose, lasciando poesie e interrogativi, Kurt Cobain, voce dei Nirvana, si è tolto la vita nel 1994, schiacciato dalla depressione, Amy Winehouse, con la sua voce soul, è morta nel 2011 per avvelenamento da alcol, Brian Jones, fondatore dei Rolling Stones, annegato nel 1969 in circostanze mai chiarite, e poi tra gli artisti più recenti troviamo Fredo Santana, morto a 27 anni nel 2018. L’artista Juice WRLD, invece prima di morire, cantava nei suoi testi: “cos’è il club dei 27? Non arriveremo a 21”, quasi profetizzando la sua fine. Ma cosa li accomuna oltre l’età? Molti lottavano con dipendenze e demoni interiori, come racconta la nota testata Rolling Stone.
La fama li ha spinti al massimo, ma anche al baratro: concerti infiniti, pressione mediatica e vite sotto un microscopio. Il mito del Club dei 27 è nato quando i fan hanno notato questa coincidenza, trasformandola in una leggenda che ancora oggi fa discutere.
Perché il numero 27 sembra perseguitare queste star? Qualcuno parla di una “maledizione”, ma la realtà sembra essere più complessa, infatti The Guardian spiega che i 27 anni sono un’età vulnerabile per artisti che vivono al confine: successo precoce, abuso di sostanze e poca attenzione alla salute mentale contribuiscono a creare un cocktail pericoloso.
Kurt Cobain, nella sua lettera d’addio, parlava di un vuoto che la musica non riempiva più, mentre Amy Winehouse combatteva pubblicamente con l’alcol, senza trovare pace. Tuttavia, Psychology Today smentisce il mito dichiarando che statisticamente, i decessi a 27 anni non sono anomali, ma la narrazione di una “maledizione” appare più avvincente, permettendo di vendere attraverso film e libri continuando ad alimentare la leggenda, ma romanticizzare queste morti rischia di nascondere il vero problema, ossia la mancanza di supporto per chi necessita di attenzione e il marcio che può celarsi dietro l’industria musicale americana.
A cura di Stefania Cardellicchio