Martina Oppelli, architetta triestina di 50 anni, è diventata un simbolo delle battaglie per il diritto al fine vita in Italia. La sua storia ha commosso e interrogato l’opinione pubblica, sollevando riflessioni profonde sul significato della dignità, della sofferenza e della libertà di scegliere quando e come morire. Martina, infatti, ha scelto il suicidio assistito in Svizzera nell’estate 2025, dopo che in Italia le era stato negato per tre volte l’accesso a questa possibilità.
Martina nasce a Trieste nel 1975, dove si laurea e lavora come architetta. La sua vita cambia radicalmente alla fine degli anni Novanta, quando iniziano a manifestarsi i primi sintomi di quella che sarà poi diagnosticata come sclerosi multipla secondaria progressiva. A soli 28 anni, nel 2002, arriva la certezza della malattia: una patologia neurodegenerativa, cronica e irreversibile, che progressivamente le sottrae l’autonomia motoria.
Negli anni, la sclerosi multipla si aggrava senza più lasciarle tregua: dal bastone per camminare nel 2006, alla seconda stampella nel 2008, fino alla sedia a rotelle nel 2009. Negli ultimi tempi, Martina ha perso l’uso delle mani, non riusciva più a sollevare autonomamente un bicchiere, a mangiare, bere, lavarsi, andare in bagno o assumere i farmaci senza l’assistenza di una persona vicina 24 ore al giorno. La sua mente e la sua voce restano lucide e brillanti, ma la malattia “le ha preso tutto, tranne il pensiero e la parola”, come racconta lei stessa.
La sclerosi multipla secondaria progressiva è una forma particolarmente aggressiva di questa patologia autoimmune. Si caratterizza per la perdita progressiva della funzione motoria e delle capacità autonome, dolori e spasmi diffusi e ingovernabili anche con forti terapie farmacologiche. Martina era ormai tetraplegica e totalmente dipendente dall’assistenza di terzi per qualsiasi attività quotidiana, una condizione di sofferenza definita da lei stessa come “una schiavitù”.
Non solo: Martina necessitava di una macchina per la tosse, un ausilio fondamentale per evitare il soffocamento, e di una massiccia terapia farmacologica con antiaggreganti, analgesici, decontratturanti, broncodilatatori. La sua situazione clinica era inarrestabilmente peggiorata negli ultimi anni, rendendole la vita ogni giorno più dolorosa e senza dignità, come lei stessa spiegava in interviste e lettere pubbliche.
Martina Oppelli era sposata con Stefano, che l'ha accompagnata fino all'ultimo istante della sua vita. Diverse fonti e messaggi di cordoglio, specialmente sui social e nelle comunicazioni delle associazioni che l’hanno seguita, rivolgono pensieri e vicinanza proprio al marito Stefano dopo la sua morte, avvenuta in Svizzera a seguito del suicidio assistito. Non risultano invece informazioni pubbliche che confermino la presenza di figli.
Nel 2023, Martina invia la richiesta formale alla ASL di Trieste per verificare i requisiti necessari per accedere al suicidio medicalmente assistito, secondo quanto disposto dalla sentenza 242 della Corte Costituzionale (2019). La procedura prevede che siano soddisfatti quattro requisiti: patologia irreversibile, sofferenza intollerabile, capacità di esprimere consenso libero e consapevole, e dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.
La commissione medica, tuttavia, le nega per ben tre volte la possibilità di accedere al suicidio assistito, sostenendo che nel suo caso non sarebbero presenti trattamenti di sostegno vitale, interpretando in modo restrittivo la normativa. Nonostante fosse completamente dipendente da farmaci, assistenza e dispositivi, la sua richiesta viene respinta anche dopo diffide legali e un ricorso d’urgenza presso il tribunale. Frustrata e sfinita, Martina denuncia pubblicamente quello che definisce un “trattamento disumano, una tortura”, e dichiara di non volere più subire una sofferenza senza senso.
Spinta dalla necessità di porre fine a un’esistenza che ormai avvertiva come insostenibile, Martina si rivolge alla Svizzera, dove la legislazione permette l’accesso al suicidio assistito anche a pazienti stranieri. Il 31 luglio 2025, Martina muore in una clinica elvetica, accompagnata dal conforto dell’associazione Luca Coscioni, che ha sempre sostenuto la sua battaglia per il diritto all’autodeterminazione.