La liberazione di Carlo D’Attanasio ha segnato la fine di un incubo durato oltre quattro anni. Il velista italiano, originario di Pescara, era stato detenuto in Papua Nuova Guinea con l’accusa di riciclaggio di denaro legato a narcotraffico internazionale, una vicenda che ha scosso opinione pubblica e istituzioni.
Il 31 luglio 2025, la Corte Suprema di Giustizia della Papua Nuova Guinea ne ha sancito l’assoluzione con formula piena, ponendo termine a una lunga odissea giudiziaria e permettendogli finalmente di rientrare in Italia per ricevere le cure urgenti di cui necessita a causa delle gravissime condizioni di salute.
Carlo D’Attanasio ha 54 anni ed è originario di Pescara. Velista appassionato e imprenditore noto nell’ambito sportivo abruzzese, D’Attanasio era partito nel 2019 per realizzare il sogno di circumnavigare il mondo in solitaria con la sua barca a vela. Il suo viaggio, tuttavia, è stato bruscamente interrotto a marzo 2020, durante una lunga sosta nella Papua Nuova Guinea, dove è stato coinvolto suo malgrado in una vicenda giudiziaria dai risvolti internazionali.
Nel suo difficile percorso, D’Attanasio è sempre stato sostenuto da Juanita Costantini, sua compagna pescarese, e dal figlio nato dalla loro relazione, un bambino di sei anni. La famiglia ha lottato duramente per la sua liberazione, lanciando numerosi appelli pubblici e privati alle autorità italiane quando le condizioni di salute di Carlo sono precipitate in carcere. Juanita, madre di suo figlio, ha descritto a più riprese l’agonia di questi anni e la speranza che il padre del suo bambino potesse tornare a casa prima che fosse troppo tardi.
Carlo D’Attanasio è conosciuto soprattutto come velista, ma nel corso della sua vita è stato anche imprenditore. Appassionato di mare e di navigazione, aveva deciso di trasformare la sua passione per la vela in un’esperienza straordinaria, intraprendendo il giro del mondo in solitaria. La sua impresa sportiva era seguita da appassionati e media locali fino al drammatico arresto che ne ha segnato la carriera e l’esistenza personale.
La vicenda giudiziaria nasce nel marzo 2020. Durante una sosta nella capitale della Papua Nuova Guinea, Port Moresby, un piccolo aereo precipitò subito dopo il decollo: a bordo la polizia scoprì 611kg di cocaina, probabilmente destinati al mercato australiano. Qualche giorno dopo vennero arrestate quattro persone, incluso D'Attanasio, sospettato di aver portato sull’isola il carico di droga, sebbene fosse giunto cinque mesi prima rispetto agli eventi contestati. L’iter giudiziario fu complicato da accuse che oscillavano dal traffico internazionale di stupefacenti al riciclaggio di denaro e, per un breve periodo, persino terrorismo.
Nel 2023, dopo tre anni di detenzione preventiva, D’Attanasio venne condannato in primo grado a 19 anni di carcere per riciclaggio di denaro, ma la difesa protestò energicamente, sostenendo che l’intero procedimento fosse viziato da mancanza di prove. Nel luglio 2025 la Corte Suprema lo ha finalmente assolto, riconoscendo l’assoluta assenza di elementi che ne collegassero direttamente ai fatti. Il caso ha posto in rilievo anche gravi carenze del sistema giudiziario del Paese ospitante e dei rapporti internazionali in materia di diritti umani e giusto processo.
Oggi Carlo D’Attanasio è libero, pronto a tornare in Italia dopo anni in cui ha difeso a testa alta la propria innocenza, sostenuto dalla sua famiglia, dagli avvocati e dalle autorità italiane. La sua storia resta un monito sulle difficoltà che possono colpire improvvisamente i nostri connazionali all’estero e sull’importanza della giustizia, dei diritti umani e del sostegno consolare.