Lo scorso 18 agosto, fiscooggi.it ha reso note le disposizioni legislative di una recente pronuncia della Corte di Cassazione. L'ordinanza n. 18320 del 4 luglio 2025 chiarisce uno degli aspetti più delicati in ambito di cessione d'azienda e imposta di registro, ovvero la deducibilità dei debiti accollati dall'acquirente. Un passaggio che fornisce un quadro chiaro sulle passività che possono effettivamente ridurre la base imponibile. Vediamo insieme quando l'accollo di tali debiti viene considerato una vera e propria modalità di pagamento del corrispettivo.
La Corte nella sentenza spiega che, in caso di cessione di azienda, i debiti che la società cedente ha nei confronti dell'acquirente non rappresentano una quota da portare in detrazione dalla base imponibile per l’applicazione dell'imposta di registro. Come detto, l'accollo di tali debiti rientra nella voce di pagamento del corrispettivo.
In altre parole, il cessionario (acquirente) non sta semplicemente assumendo un onere dell'azienda, ma sta di fatto saldando una parte del prezzo di acquisto a favore del cedente. Di conseguenza, l'importo di questi debiti deve concorrere a formare il valore totale su cui calcolare l'imposta di registro.
Per l'individuazione della base imponibile nelle cessioni di azienda, il Testo Unico sull'Imposta di Registro (TUR) si basa su un insieme di articoli interconnessi che definiscono i principi normativi generali e le specifiche applicative, di seguito sintetizzati:
No, secondo quanto disposto dalla Corte di Cassazione e in base a quanto riportato nel Testo unico sull'imposta di registro, i debiti che il cessionario si accolla come modalità di pagamento del prezzo di cessione non sono deducibili dalla base imponibile.
Si tratta, infatti, di debiti che vengono imputati come parte del corrispettivo totale e, pertanto, concorrono alla formazione della base imponibile dell'azienda. Come riportato da fiscooggi.it, l'accollo del debito da parte del nuovo acquirente rappresenta un vantaggio esclusivo per il cedente e una forma di pagamento.
La Cassazione ha esaminato il caso di una cessione di azienda con un corrispettivo dichiarato di 500.000 euro. Questo valore era stato calcolato sottraendo dalle attività aziendali il valore delle passività.
L'Agenzia delle entrate ha avviato un accertamento, rettificando la base imponibile poiché ha ricalcolato l'avviamento (da 600.000 a 902.046 euro) e ha disconosciuto una passività aziendale di 1.930.758,88 euro.
In sostanza, con l’avvio dell’accertamento fiscale, l'Agenzia ha rilevato che il debito di 1.930.758,88 euro, utilizzato per ridurre la base imponibile, in realtà non era una passività inerente all'azienda, ma rappresentava un debito che la società cedente aveva contratto nei confronti dell'acquirente.
Pertanto, l'accollo di tale debito da parte della società acquirente non doveva essere detratto, ma doveva fungere da modalità di pagamento del prezzo di cessione. Alla luce di queste considerazioni, l'Agenzia ha ritenuto che detto importo dovesse essere incluso nella base imponibile per il calcolo dell'imposta di registro.
Nell’ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate era legittimo. La decisione della Corte è fondata su chiari elementi giurisprudenziali e sul principio che l'accollo dei debiti rappresenta una modalità di pagamento del prezzo.
La Cassazione ha richiamato le seguenti pronunce: