Il mistero della nuova impronta emersa sulla scena del delitto di Garlasco e le recenti dichiarazioni dell’avvocato Antonio De Rensis stanno nuovamente catalizzando l’attenzione mediatica sul caso di Chiara Poggi, a distanza di diciotto anni dall’omicidio. Proprio durante l’ultima puntata di Zona Bianca, il legale di Alberto Stasi ha spiazzato pubblico e opinionisti svelando i contenuti di alcune note della pm Rosa Muscio, gettando nuove ombre sull’orario del delitto e su uno degli snodi che avevano portato alla condanna del suo assistito.
La Procura di Pavia, con il supporto della consulente tecnica Cristina Cattaneo, sta portando avanti ulteriori accertamenti relativi alla cosiddetta “nuova impronta” individuata sulla scena del crimine. L’aspetto più intrigante di questo elemento è la sua natura: si tratterebbe di un’impronta con DNA femminile, che non appartiene a Chiara Poggi secondo le fotografie autoptiche. Come ha precisato la giornalista Rita Cavallaro durante la trasmissione, la mano sinistra di Chiara era completamente pulita mentre solo la destra presentava lievi tracce di sangue. Di conseguenza, la certezza che l’impronta non sia riconducibile alla vittima sembra confermata dalle evidenze forensi: resta però ignoto a chi possa appartenere, rilanciando l’ipotesi che all’epoca fossero coinvolte due persone.
Un altro elemento centrale del dibattito riguarda la controversa ricostruzione dell’orario in cui sarebbe avvenuto l’omicidio. Storicamente, la condanna di Alberto Stasi si basò su una finestra temporale molto stretta, i famosi “23 minuti” tra le 9:12 e le 9:35 del 13 agosto. Tuttavia, De Rensis ha letto in studio quanto scrisse la pm Muscio nel suo appello, ribaltando le certezze del passato: “La scienza medico-legale può fornire un’indicazione orientativa che nel caso di specie non permette di escludere alcuna fascia oraria dalla mattina del 13 agosto, poiché tutti i diversi orari che rientrano nell’arco temporale indicato possono avere pari fondamento, ne consegue che Alberto Stasi abbia avuto il tempo di commettere l’omicidio sia prima delle 9:35 che nell’ultima parte della mattina dopo le 12:46”. Questa considerazione mina uno dei capisaldi accusatori, lasciando intendere che l’arco temporale effettivo della morte della giovane potrebbe essere molto più ampio di quanto stabilito dalle sentenze.
La giornalista Ilaria Cavo ha sottolineato come il passaggio riportato da De Rensis faccia parte dell’appello che portò all’assoluzione di Stasi, evidenziando la fragilità probatoria di quel momento processuale. In seguito, il caso ha attraversato una nuova fase, con magistrati e pubblici ministeri differenti che hanno “collocato l’orario della morte in maniera precisa,” fornendo invece un’interpretazione più rigida e portando alla definitiva condanna di Stasi in Cassazione. Tuttavia, le nuove indagini e l’analisi delle impronte portano nuova linfa alle teorie alternative sulla dinamica e sul possibile coinvolgimento di più persone.
Intanto, il dibattito pubblico continua a scontrarsi tra chi sostiene l’innocenza di Stasi e chi invece pone l’accento sulle anomalie investigative del passato. Le nuove scoperte potrebbero riaprire scenari inediti e, forse, avvicinare finalmente la ricostruzione della verità sull’omicidio di Chiara Poggi.
L’avvocato De Rensis, sempre durante la trasmissione, ha rimarcato le lacune delle precedenti indagini e la necessità di approfondire il mistero della nuova impronta non riconducibile a Chiara Poggi. Secondo quanto emerso, la consulenza svolta dal Ris nel 2007 aveva completamente trascurato questa traccia, alimentando sospetti su una possibile contaminazione della scena del crimine e su errori nelle fasi precedenti delle indagini.