Detassare la tredicesima mensilità, gli straordinari e il lavoro nei giorni festivi. È questa una delle proposte chiave per la prossima legge di bilancio 2026.
Una misura pensata per aumentare il netto in busta dei lavoratori e sostenere la crescita economica attraverso un alleggerimento della pressione fiscale, in particolare sul ceto medio.
Parliamo proprio della detassazione della tredicesima mensilità, com’è attualmente tassata e cosa prevede la proposta.
La tredicesima mensilità, chiamata anche gratifica natalizia, è una componente fondamentale della retribuzione dei lavoratori dipendenti, versata generalmente nel mese di dicembre.
Tuttavia, rispetto allo stipendio ordinario, questa somma è più penalizzata dal punto di vista fiscale.
A differenza delle normali mensilità, infatti, sulla tredicesima non si applicano le detrazioni per lavoro dipendente né quelle per familiari a carico.
Questo significa che l’importo risulta sottoposto a una tassazione più pesante, determinando un netto in busta sensibilmente più basso.
Oltre all’Irpef, sono previsti anche i contributi previdenziali, che riducono ulteriormente la somma finale percepita dal lavoratore.
Nel quadro della prossima legge di bilancio 2026, prende sempre più piede l’idea di alleggerire la pressione fiscale su alcune voci retributive straordinarie, tra cui proprio la tredicesima.
Detassare la tredicesima, gli straordinari e i premi di produzione è una strada concreta per aumentare il netto in busta paga e rilanciare i consumi. Un intervento che aiuterebbe non solo le famiglie, ma anche le imprese e l’intero sistema economico.
In particolare, sulla questione degli straordinari, l’orientamento del governo è quello di offrire un doppio vantaggio: maggior guadagno netto per chi lavora oltre l’orario standard, e maggiore flessibilità operativa per le aziende, che potrebbero così rispondere con più efficacia ai picchi di produzione.
Ma la vera novità - e quella che potenzialmente coinvolgerebbe il maggior numero di lavoratori - riguarda proprio la tredicesima.
Una sua detassazione strutturale rappresenterebbe un aumento immediato e tangibile dello stipendio di fine anno.
Come al solito, anche se la proposta è sulla carta molto vantaggiosa per i lavoratori, presenta un nodo cruciale: le coperture finanziarie.
Il valore complessivo delle tredicesime in Italia è di circa 59,3 miliardi di euro, di cui ben 14,5 miliardi vengono attualmente incassati dallo Stato sotto forma di tasse e contributi.
Rinunciare a questa parte di gettito comporterebbe un impatto rilevante sui conti pubblici. Per fare un confronto, il solo taglio dell’Irpef per il ceto medio richiederebbe tra i 2,5 e i 4 miliardi di euro, secondo le prime simulazioni.
Il governo, dunque, dovrà valutare attentamente la sostenibilità finanziaria di misure come la detassazione della tredicesima, degli straordinari e dei premi di produzione.
Nel 2024, il governo ha previsto un bonus una tantum di 100 euro in busta paga per i lavoratori con redditi fino a 28.000 euro annui e almeno un figlio a carico.
Questa misura, rivolta a circa 4,5 milioni di contribuenti, è costata allo Stato 320 milioni di euro, ma ha avuto un impatto limitato, sia per la sua natura temporanea che per la platea ristretta dei beneficiari.
In sostanza, si è trattato di una soluzione tampone, pensata come compensazione alla mancata detassazione della tredicesima, ma ben lontana da una riforma strutturale. Ricordo che è ancora possibile richiedere il bonus tredicesima per chi non lo avesse ancora ottenuto.