L'uscita di un nuovo film di Paul Thomas Anderson non è mai un evento banale. È un appuntamento cerchiato in rosso sul calendario di ogni cinefilo, un momento in cui ci si aspetta fortemente che il cinema alzi l'asticella.
Ma l'accoglienza riservata al suo ultimo, attesissimo lavoro, One Battle After Another, Una battaglia dopo l'altra, con Leonardo di Caprio, sembra andare oltre le già altissime aspettative.
Le prime recensioni, emerse dopo la première di Los Angeles, non parlano semplicemente di un buon film, ma di un'opera monumentale, un thriller d'azione spaventosamente attuale che la critica sta già definendo, senza mezzi termini, un capolavoro.
Con un budget che supera i 130 milioni di dollari, questo non è solo il film più costoso della carriera di Anderson, ma anche una scommessa audace per la Warner Bros.
Lo studio, reduce da un periodo difficile, ha recentemente inanellato una striscia vincente di sette successi consecutivi e ora punta tutto su Anderson e sul suo cast stellare: Leonardo DiCaprio, Sean Penn, Benicio del Toro, Regina Hall.
La fiducia è tale che i dirigenti Michael De Luca e Pamela Abdy hanno già confermato l'intenzione di lanciare una massiccia campagna per la stagione dei premi. A giudicare dalla reazione della critica, sarebbe una follia non farlo.
I numeri, per ora, sono esageratamente positivi: un punteggio del 97% su Rotten Tomatoes e del 96% su Metacritic. Ma sono le parole dei critici a dipingere il quadro di un film che è molto più di un semplice intrattenimento.
Liberamente ispirato al romanzo Vineland di Thomas Pynchon, il film racconta la storia di un gruppo di ex rivoluzionari costretti a riunirsi per salvare la figlia di uno di loro.
Ma Anderson, secondo i critici, usa questa premessa per puntare una lente d'ingrandimento, spietata e lucidissima, sull'America di oggi.
Richard Lawson di The Hollywood Reporter lo definisce "un film incredibilmente attuale" che ci proietta nella "nostra sconcertante era di fascismo strisciante".
Loda la capacità di Anderson di mettere da parte la nostalgia per confrontarsi, "con uno scopo disarmantemente nobile, con il presente".
Peter Bradshaw del Guardian, assegnando cinque stelle, rincara la dose, descrivendo l'opera come una "risposta molto seria e pertinente alla segreta classe dirigente degli Stati Uniti" e al clima politico dell'era Trump, unendo una diagnosi freudiana sulla disfunzione padre-figlia a una critica feroce delle politiche migratorie.
Ma se il messaggio è potente, è la maestria della messa in scena a renderlo un'esperienza cinematografica totalizzante.
I critici sono unanimi nel celebrare la regia di Anderson, che fonde tensione, azione e introspezione in un amalgama che viene descritto come "un gusto acquisito, ma che crea dipendenza".
Alex Godfrey di Empire, anch'egli con un verdetto di cinque stelle, lo etichetta come "un classico istantaneo e cristallino", un film senza "un grammo di grasso".
Godfrey isola una sequenza in particolare, un inseguimento in auto "orribilmente teso e sinistramente ritmato", come esempio del potere del cinema di Anderson, capace di trasformare il paesaggio stesso in un presagio di morte e di imbrigliare la suspense in una forma pura ed elettrizzante.
One Battle After Another è un pugno nello stomaco, un thriller d'azione per adulti che non ha paura di essere politico, complesso e, a tratti, scomodo.
È la prova che il grande cinema d'autore può ancora dialogare con il presente, analizzarne le ferite e, forse, suggerire una via d'uscita. Mentre il pubblico attende il 26 settembre per dare il proprio verdetto, la critica ha già emesso il suo: Paul Thomas Anderson ha realizzato non solo il suo film più ambizioso, ma uno dei film più importanti e necessari del nostro tempo.