L’Irpef è da sempre la tassa più discussa dagli italiani, quella che incide direttamente sugli stipendi e sulle pensioni. In queste settimane è tornata al centro del dibattito politico perché il governo guidato da Giorgia Meloni sta valutando un intervento che potrebbe alleggerire il peso fiscale del ceto medio.
A parlarne apertamente è stato il viceministro all’Economia Maurizio Leo, durante un incontro pubblico con i contribuenti, confermando che un taglio delle aliquote è sul tavolo della prossima Legge di Bilancio.
Si guarda soprattutto ai redditi compresi tra 28mila e 50mila euro, con l’idea di abbassare l’aliquota dal 35% al 33%. Una riduzione che potrebbe persino estendersi fino a 60mila euro.
Ma chi ci guadagnerà davvero? Quanto cambieranno le buste paga e le pensioni? E quale sarà il ruolo delle famiglie in questo nuovo scenario?
Per capire la portata di questa misura conviene passare dai numeri. Oggi chi guadagna tra 28mila e 50mila euro paga il 35% sulla parte eccedente i 28mila. Con il passaggio al 33% la pressione fiscale scenderebbe, ma non in modo uguale per tutti.
Le simulazioni parlano chiaro. Un reddito lordo di 30mila euro avrebbe un vantaggio di appena 40 euro l’anno, meno di un caffè alla settimana. A 40mila euro il risparmio salirebbe a 240 euro, che tradotto significa circa 20 euro al mese. Con 50mila euro di reddito, invece, la somma diventerebbe più consistente: 440 euro annui, poco più di 37 euro al mese.
Il quadro cambia ancora se il beneficio venisse esteso fino a 60mila euro. In questo caso chi è nella fascia più alta potrebbe arrivare a un risparmio anche di 1.440 euro l’anno, ovvero 120 euro al mese.
E qui si coglie un punto fondamentale: il taglio nasce con l’obiettivo di favorire il ceto medio, ma finisce inevitabilmente per premiare soprattutto chi ha redditi più alti, perché la riduzione percentuale cresce con l’aumentare della base imponibile.
Non tutti percepiranno allo stesso modo il taglio Irpef. Per i lavoratori dipendenti, infatti, il quadro è diventato più complesso con la fine dello sconto sul cuneo fiscale, sostituito nel 2025 da una detrazione Irpef aggiuntiva. Alcuni redditi bassi hanno visto il netto in busta paga ridursi leggermente rispetto al 2024. Per loro il beneficio della riduzione al 33% potrebbe limitarsi a compensare questa perdita, lasciando un guadagno reale molto contenuto.
Diversa la situazione dei pensionati. Per chi percepisce una pensione compresa tra 28mila e 50mila euro, la riduzione sarà visibile direttamente sull’assegno. Non essendo coinvolti nel tema del cuneo fiscale, non ci sono correzioni o calcoli aggiuntivi: il vantaggio sarà lineare e proporzionale al reddito. Un pensionato con 40mila euro annui si troverà in tasca circa 240 euro in più, senza sorprese.
Si tratta di una differenza importante che aiuta a comprendere come la stessa misura possa avere un peso diverso a seconda della categoria di contribuenti interessata.
Il governo non intende però fermarsi al taglio dell’Irpef. Lo stesso Leo ha anticipato che la riforma fiscale guarderà con attenzione alle famiglie, attraverso una revisione delle detrazioni collegate al numero di figli e alla composizione del nucleo. In altre parole, accanto alla riduzione delle aliquote si punta a introdurre un sistema che redistribuisca i benefici anche in base alla struttura familiare.
Perché questa scelta? L’Italia registra da anni un calo delle nascite e un aumento del costo della vita, soprattutto per chi ha figli. Introdurre detrazioni più mirate significa alleggerire il peso fiscale non solo in termini numerici, ma anche sociali. Una famiglia con due o tre figli, a parità di reddito, potrebbe ottenere un vantaggio più alto rispetto a un single, riequilibrando così il sostegno verso chi sostiene spese maggiori.
È proprio qui che la riforma potrebbe trovare la sua forza: unire la riduzione delle tasse a un sistema di detrazioni che premi chi più contribuisce, in termini economici e sociali, alla comunità.
L’operazione "taglio Irpef" si muove quindi lungo un equilibrio delicato. Da un lato promette di alleggerire la pressione fiscale su milioni di contribuenti, dall’altro rischia di accentuare il divario tra chi guadagna poco e chi percepisce redditi più alti. I numeri raccontano che i risparmi più consistenti finiranno nelle tasche della fascia alta del ceto medio, mentre chi si trova appena sopra i 28mila euro si accontenterà di pochi euro al mese.
La vera partita si giocherà con le famiglie e con il nuovo sistema di detrazioni. Lì si capirà se il disegno del governo sarà in grado di trasformarsi in un sostegno percepibile da chi, oggi, fatica maggiormente a mantenere il proprio potere d’acquisto.