L’anello di congiunzione tra la casa ereditata e la sua vendita riguarda soprattutto gli aspetti legali e fiscali. Con l’eredità si interrompe un legame con il passato e si aprono nuove strade. Ironia della sorte, però, i problemi che emergono sono spesso numerosi e complessi. Non a caso, molte persone si chiedono se sia possibile vendere subito l’immobile ereditato, quali tasse siano da pagare e come funzioni la procedura quando ci sono più eredi.
Ricevere un bene in successione è un passaggio che può rivelarsi delicato e, se non gestito correttamente, rischia di complicarsi con il tempo. Per avere risposte chiare è indispensabile partire dal quadro normativo di riferimento, che comprende gli articoli 456 e seguenti del Codice Civile in materia di successione, insieme alle disposizioni fiscali contenute nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) e nella normativa sulle imposte di successione. A questi elementi si aggiungono gli aggiornamenti più recenti che riguardano la tassazione delle plusvalenze e la gestione dei bonus edilizi.
La vendita di una casa ricevuta in successione non può avvenire senza prima aver completato un percorso ben definito. Il primo passo è la dichiarazione di successione, che deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate entro un anno dal decesso. In questo atto vengono registrati i beni ereditati e calcolate le imposte dovute. Successivamente si procede con la voltura catastale, necessaria per aggiornare l’intestazione al Catasto.
Un passaggio altrettanto importante riguarda l’accettazione dell’eredità. Spesso considerata una semplice formalità, in realtà è l’atto che rende l’erede pienamente titolare del bene. L’accettazione può essere espressa davanti al notaio o tacita, ad esempio con un atto di vendita, ma deve comunque essere trascritta nei registri immobiliari. Solo in questo modo si può arrivare al rogito senza ostacoli.
Al momento della vendita, il notaio richiederà diversi documenti. Tra i principali ci sono l’atto di provenienza del defunto, le visure catastali aggiornate, la planimetria e l’attestato di prestazione energetica. Come ha ricordato Idealista in una guida pratica, trascurare anche uno solo di questi elementi può rallentare o compromettere l’operazione.
Quando si eredita un immobile occorre mettere in conto la tassazione, che varia in base al grado di parentela con il defunto. La legge prevede aliquote che vanno dal 4% con franchigia di un milione di euro per coniuge e figli, fino all’8% senza franchigia per soggetti non legati da vincoli di parentela. A queste si aggiungono le imposte ipotecarie e catastali, pari complessivamente al 3% del valore catastale. Tuttavia, se l’immobile gode delle agevolazioni prima casa, queste imposte si riducono a un importo fisso di 200 euro ciascuna.
Per quanto riguarda la rivendita, il TUIR stabilisce all’articolo 67 che la plusvalenza non è tassata quando si vende un immobile acquisito per successione, anche se la vendita avviene entro cinque anni.
Le vere novità arrivano però dagli aggiornamenti del 2025. Se l’immobile ha beneficiato del Superbonus o di altri incentivi edilizi, questi possono incidere sul calcolo della plusvalenza e modificare la tassazione. Come ha spiegato Edilportale in un approfondimento pubblicato a luglio, chi vende deve prestare particolare attenzione in presenza di lavori agevolati.
Un ulteriore chiarimento importante riguarda la prima casa ereditata. Il Sole 24 Ore ha evidenziato che i due anni entro cui l’erede deve trasferire la residenza, per non perdere le agevolazioni, decorrono dalla data del decesso e non dall’accettazione dell’eredità. Si tratta di un dettaglio che può fare la differenza nel mantenere o meno il beneficio fiscale.
Un capitolo a parte riguarda i casi di comunione ereditaria. L’articolo 1100 del Codice Civile stabilisce che per vendere l’intero immobile è necessario il consenso unanime di tutti gli eredi. Non è sufficiente la maggioranza: se anche uno solo si oppone, la vendita non può essere conclusa.
In assenza di accordo, le alternative sono due. La prima consiste nel vendere la propria quota, previa offerta in prelazione agli altri coeredi. La seconda prevede invece di rivolgersi al tribunale per chiedere lo scioglimento della comunione. Questa strada porta spesso alla vendita forzata dell’immobile e alla divisione del ricavato. Come ricordano varie agenzie immobiliari specializzate in successioni, la via giudiziale è più lunga e costosa, ma a volte inevitabile quando non si riesce a trovare un’intesa familiare.