Ogni anno, all’inizio di gennaio, milioni di pensionati attendono con attenzione l’adeguamento degli importi pensionistici.
La rivalutazione automatica delle pensioni è infatti lo strumento principale con cui il sistema previdenziale protegge il potere d’acquisto dei beneficiari, aggiornando le prestazioni in base all’inflazione certificata dall’ISTAT e ufficializzata dal Ministero dell’Economia.
Dopo un 2025 caratterizzato da un incremento contenuto dello 0,8%, che ha tradotto in aumenti limitati, le stime per il 2026 sono più incoraggianti: il tasso di rivalutazione provvisorio è fissato all’1,7%, più del doppio rispetto all’anno appena trascorso.
Tale adeguamento riguarderà non solo le pensioni dirette, ma anche quelle di reversibilità, con effetti importanti sulle famiglie dei superstiti.
Vediamo subito cosa cambia.
La pensione di reversibilità, riconosciuta ai familiari superstiti, è una prestazione previdenziale soggetta ogni anno alla stessa procedura di rivalutazione delle pensioni dirette.
L’adeguamento viene effettuato in base al tasso di inflazione accertato, ma con un meccanismo progressivo che tutela maggiormente le fasce più basse.
In particolare, la rivalutazione piena - pari al 100% del tasso di inflazione (1,7% per il 2026) - si applica agli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo (circa 2.454,80 euro). Per importi superiori, la rivalutazione decresce secondo scaglioni:
Questo sistema garantisce un riequilibrio a favore delle pensioni più contenute, salvaguardando il potere d’acquisto dei nuclei familiari più vulnerabili.
Per capire l’impatto reale della rivalutazione 2026, ipotizziamo una pensione di reversibilità lorda pari a 2.200 euro mensili, suddivisa tra coniuge (60%) e figlio (20%).
Con l’adeguamento 2026:
Risultato: un aumento contenuto ma utile, che migliora leggermente la stabilità economica dei nuclei familiari che ricevono pensioni di reversibilità, in particolare quelli con figli a carico.
Un aspetto cruciale riguarda i pensionati di reversibilità che percepiscono anche redditi da lavoro.
Per evitare riduzioni automatiche dell’assegno - che possono variare dal 25% al 50% - è necessario rispettare specifiche soglie reddituali, calcolate in base al trattamento minimo rivalutato.
Per il 2026, con la pensione minima che salirà a 613,70 euro mensili (circa 7.997,10 euro annui), le soglie di reddito aggiornate sono:
Questi criteri si applicano principalmente ai coniugi superstiti senza figli a carico e rappresentano un elemento fondamentale per gestire la sostenibilità economica del cumulo pensione-lavoro.