07 Oct, 2025 - 18:00

Il centrodestra prepara il ddl per mettere a tacere le proteste per la Palestina: ecco la strategia contro i Pro Pal

Il centrodestra prepara il ddl per mettere a tacere le proteste per la Palestina: ecco la strategia contro i Pro Pal

Il 22 settembre e il 4 ottobre le piazze italiane si sono riempite come non accadeva da tempo.
Studenti, sindacati, associazioni e semplici cittadini sono scesi in strada per chiedere la fine della guerra a Gaza, per dire che la pace non può essere solo una parola di circostanza.

C’erano cortei colorati, canti, striscioni, discussioni accese ma pacifiche: un Paese che tornava a farsi sentire, con emozione e con civiltà.

In quelle stesse settimane, il Parlamento ha iniziato a discutere un disegno di legge che parla di tutt’altro, ma che inevitabilmente incrocia quel clima: il ddl n.1627, presentato dal senatore Maurizio Gasparri, “per il contrasto all’antisemitismo e per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo dell’IHRA”.

Le piazze e la politica: due piani che si toccano

Le proteste di settembre e ottobre hanno messo al centro un tema che la politica italiana spesso evita: la posizione del nostro Paese nei confronti del conflitto israelo-palestinese.

La legge in discussione, invece, nasce da una preoccupazione diversa — quella di garantire tutele più forti contro ogni forma di odio antiebraico.

Sono due movimenti diversi, ma nello spazio pubblico finiscono per incontrarsi: da un lato la richiesta di libertà di espressione e solidarietà internazionale, dall’altro la necessità di difendere la memoria e prevenire il razzismo.

Cosa prevede davvero il ddl 1627

Il testo propone che l’Italia adotti formalmente la definizione di antisemitismo elaborata dall’IHRA, già accolta da diversi Paesi europei.

Include inoltre modifiche all’articolo 604-bis del codice penale, che punisce la propaganda e l’istigazione all’odio razziale: la novità consiste nell’estendere le aggravanti anche a chi neghi “il diritto all’esistenza dello Stato di Israele”.

Il disegno di legge prevede anche iniziative nelle scuole e nelle università per promuovere la conoscenza dell’antisemitismo e contrastare forme di discriminazione.

Su questo punto si concentra gran parte del dibattito: per alcuni è un passo avanti nella tutela delle comunità ebraiche e nella lotta ai pregiudizi; per altri, il testo rischia di creare zone d’ombra in cui la critica politica o storica verso Israele possa essere equivocata come espressione di odio.

In particolare, la sovrapposizione tra antisemitismo e antisionismo — due concetti distinti — solleva interrogativi interpretativi. L’intento di proteggere una minoranza è chiaro e condivisibile, ma la formulazione giuridica dovrà essere molto precisa per evitare abusi o fraintendimenti.

Fatto sta che la legge, così come è stata presentata, non è piaciuta a diversi movimenti pro Pal che hanno annunciato proteste contro l'approvazione. Una situazione che per certi versi ricorda l'impegno civile contro il ddl Sicurezza andato avanti tra l'autunno 2024 e la primavera 2025.

Il ruolo dell’informazione e della società civile

Il punto centrale, al di là delle posizioni, è come una democrazia riesca a conciliare due esigenze fondamentali: la lotta all’odio e la tutela del dissenso.

Le piazze di settembre e ottobre non rappresentano un fronte unico, ma un insieme di voci diverse che chiedono attenzione, trasparenza e diritti.

La legge di cui si discute in Senato, se ben scritta e chiarita nei suoi limiti, può essere uno strumento di protezione. Ma se rimane ambigua, rischia di diventare un terreno di incomprensioni.

Per questo è importante che il dibattito resti aperto e informato — che giornalisti, insegnanti, studenti e cittadini ne parlino con serenità, senza slogan.

L’antisemitismo è un fenomeno reale, radicato, che merita una risposta seria. Allo stesso modo, la libertà di parola è un valore che non può essere eroso nemmeno in nome delle migliori intenzioni.

Le manifestazioni per la pace e la discussione del ddl 1627, viste insieme, raccontano un Paese che sta cercando un equilibrio tra memoria e libertà, tra sicurezza e parola.

E forse è proprio in questo equilibrio, fragile ma necessario, che si misura la maturità di una democrazia: nel saper difendere le persone senza zittire le idee.

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