09 Oct, 2025 - 07:00

Giovani italiani, tra voglia di cambiamento e sfiducia nella politica: ecco come votano e si informano

Giovani italiani, tra voglia di cambiamento e sfiducia nella politica: ecco come votano e si informano

Negli ultimi anni, la voce dei giovani italiani sembra riecheggiare più forte, ma resta spesso inascoltata. I dati di un recente sondaggio BiDiMedia, condotto tra i ragazzi e le ragazze dai 18 ai 24 anni, dipingono un quadro complesso: da una parte il desiderio di cambiamento, dall’altra la sensazione diffusa di esclusione dai processi decisionali del Paese.

Politica, diritti e visione del futuro si intrecciano in un racconto che parla di sfiducia, ma anche di un desiderio di protagonismo che chiede di essere riconosciuto.

Giovani e politica: chi parla davvero la loro lingua?

Alla domanda “Quale leader politico ritieni più vicino alle esigenze e istanze delle nuove generazioni?”, la risposta non lascia spazio a dubbi: Giorgia Meloni guida la classifica con il 30%, seguita da Elly Schlein con il 20% e Giuseppe Conte al 14%. Dietro, a distanza, si trovano Carlo Calenda (7%), Nicola Fratoianni e Matteo Salvini (entrambi al 6%), mentre Bonelli, Renzi e Magi oscillano tra il 4 e il 5%. In fondo alla lista, Antonio Tajani (2%) e Marco Rizzo (1%).

Il dato più interessante non è solo la distribuzione dei consensi, ma il fatto che nessun leader riesce a superare davvero la soglia della rappresentatività piena. Meloni, pur essendo la più citata, convince meno di un giovane su tre.

È il segno di una generazione che guarda ai politici con un misto di distanza e pragmatismo, scegliendo chi appare più solido o più autentico, ma senza un vero slancio emotivo.

Schlein raccoglie un consenso importante, ma parziale, segno che la sinistra fatica ancora a diventare punto di riferimento stabile per le nuove generazioni. Conte, invece, si mantiene su un terreno intermedio, complice la sua immagine moderata e meno polarizzante.

La generazione ignorata: “Non ci sentiamo ascoltati”

Il dato forse più eloquente del sondaggio è quello che misura la percezione di considerazione nelle decisioni del Paese.

Solo il 6% dei giovani ritiene che la propria generazione venga tenuta in conto (“molto” o “abbastanza”), contro un impressionante 93% che dice “poco” o “per nulla”.

È una cifra che racconta una distanza profonda, quasi strutturale, tra chi decide e chi subirà le conseguenze di quelle decisioni.

Dietro questi numeri c’è la frustrazione di una generazione che si sente marginale, nonostante sia quella più esposta ai cambiamenti epocali — crisi climatica, precarietà lavorativa, transizione digitale.

È come se i giovani avessero perso fiducia nella possibilità di incidere, anche attraverso la partecipazione politica.

La sensazione è quella di vivere in un Paese che parla molto di futuro, ma poco con chi il futuro lo dovrà costruire davvero. E questa disillusione rischia di tradursi in disimpegno, astensione o fuga all’estero.

I temi che dividono e uniscono una generazione

Se i giovani si sentono esclusi, non significa che non abbiano idee chiare. Alla domanda sui temi più condivisi, emergono due priorità forti e inattese: lo Ius Soli e la reintroduzione dell’energia nucleare, entrambi al 53% di favorevoli.

Due temi che, a prima vista, sembrano lontanissimi, ma che in realtà rivelano un comune desiderio di pragmatismo e di futuro.

Da un lato l’apertura, l’inclusione e la cittadinanza come diritto; dall’altro la volontà di affrontare la crisi energetica senza tabù ideologici.

Seguono ReArm Europe (39%), il premierato (31%) e l’autonomia differenziata (29%), a dimostrazione di una certa curiosità verso le riforme istituzionali, ma anche di una frammentazione nelle opinioni.

Solo l’8% dichiara di non sentirsi rappresentato da nessuno di questi temi, segno che l’interesse per la politica esiste, anche se spesso resta sottotraccia.

LEGGI ANCHE