Era una serata di inizio estate quando, collegata in video da Tunisi, Francesca Albanese parlò alla Sagra del Portello di Padova.
Era il 20 giugno e davanti a Porta Ognissanti, più di duemila persone ascoltarono le sue parole sulla crisi in Medio Oriente.
Allora la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati non era ancora al centro delle polemiche che oggi attraversano il dibattito politico italiano.
In pochi mesi, il suo nome è diventato simbolo di una frattura profonda: tra chi la considera una voce coraggiosa per i diritti umani e chi la accusa di parzialità e di posizioni vicine all’antisemitismo.
Nel suo intervento padovano, Albanese aveva denunciato con forza le azioni di Israele dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, parlando apertamente di un progetto di sterminio del popolo palestinese.
Parole dure, che trovarono consenso nell’area più progressista del Comune, in particolare tra le consigliere di Coalizione Civica Marta Nalin e Chiara Gallani.
A luglio, insieme a tre esponenti del Partito Democratico – Pietro Bean, Etta Andreella e Alessandro Tognon – proposero una mozione per assegnarle il Sigillo della città, un riconoscimento riservato a chi contribuisce in modo significativo alla promozione della pace e dei diritti umani.
La mozione passò con il voto favorevole di tutta la maggioranza di centrosinistra, compreso il sindaco Sergio Giordani.
Tuttavia, quella decisione – accolta con entusiasmo da una parte della cittadinanza – non fu mai attuata concretamente.
Nei mesi successivi, le uscite pubbliche di Albanese e il crescente clima di tensione intorno alla questione israelo-palestinese hanno reso quel gesto sempre più controverso.
Le prime critiche arrivarono dai banchi dell’opposizione padovana, in particolare dal consigliere di Fratelli d’Italia Enrico Turrin, che già allora aveva messo in guardia il Comune sul rischio di legittimare una figura “divisiva e radicale”.
Le sue parole sono tornate attuali dopo gli episodi degli ultimi giorni: la polemica con il sindaco di Reggio Emilia, Marco Massari, e l’abbandono dello studio televisivo di La7 durante una discussione con chi ricordava la posizione di Liliana Segre sul termine genocidio.
Di fronte a queste nuove tensioni, anche parte del centrosinistra ha iniziato a fare marcia indietro. Il consigliere dem Nereo Tiso, che in luglio aveva votato a favore della mozione, ha dichiarato di essersi pentito, definendo “inaccettabili” alcuni atteggiamenti della relatrice Onu.
Tuttavia, i promotori del riconoscimento hanno difeso la loro scelta, ribadendo che il Sigillo non premia i toni o le modalità, ma l’impegno di Albanese per la difesa dei diritti umani e per la pace in Medio Oriente.
Nel frattempo, la vicenda è esplosa a livello nazionale. Bologna ha conferito a Francesca Albanese la cittadinanza onoraria, scatenando la dura reazione del centrodestra, che ha parlato di “vergogna istituzionale”.
A Genova, dove la relatrice Onu ha partecipato a un incontro pubblico, le proteste della comunità ebraica hanno portato a un cambio di location all’ultimo momento: dall’istituzionale Palazzo Ducale ai più discreti giardini Luzzati.
Nonostante le contestazioni, la sindaca Silvia Salis ha voluto essere presente, ribadendo che la sua amministrazione non intende sottrarsi al confronto.
Durante l’incontro, Albanese ha cercato di smorzare i toni, dichiarando di non aver mai voluto mancare di rispetto a Liliana Segre e spiegando che le sue parole sulla “lucidità emotiva” della senatrice erano state travisate.
Ha poi riaffermato la sua posizione: il popolo palestinese, ha detto, vive una condizione che non può essere chiamata in altro modo se non genocidio.
Oggi la vicenda Padova-Albanese non riguarda più solo un’onorificenza, ma il difficile equilibrio tra libertà di parola, sensibilità storiche e responsabilità istituzionale.
Il dibattito si è trasformato in un simbolo del clima politico del Paese: un’Italia che, davanti alla tragedia di Gaza e alla memoria della Shoah, fatica ancora a trovare un linguaggio comune per parlare di giustizia, dolore e verità.