L'Europa ha finito i fondi per l'Ucraina e adesso vorrebbe usare quelli russi.
Centoquaranta miliardi di euro, tanto valgono i cosiddetti asset russi - attualmente immobilizzati nei forzieri della Banca Centrale Europea in Belgio - che Bruxelles vorrebbe prestare a Kiev per sostenere le spese della guerra con Mosca.
Attenzione, però, perché quando si tratterà di restituire il denaro a Mosca (perché probabilmente lo si dovrà fare) in quel caso dovranno essere gli Stati europei a garantire la restituzione, ciascuno per la propria parte.
I conti non tornano: dopo aver versato all'Ucraina 177 miliardi (63,2 sotto forma di sostegno militare) in due anni e mezzo, adesso si pensa a un ulteriore prestito che, tuttavia, potrebbero essere i cittadini europei a dover ripagare.
Non è uno scherzo, bensì una delle condizioni al vaglio della Commissione UE – come chiarito ieri dal premier belga Bart De Wever - per poter sbloccare il denaro russo e darlo all'Ucraina.
Al momento la decisione sullo sblocco degli asset russi resta in congelatore, in attesa di trovare una scappatoia legale per poter prendere il denaro bloccato nelle banche europee, senza che ciò si configuri come la 'rapina del secolo'.
Il Consiglio Europeo oggi si è concluso con un nulla di fatto. L'Italia ci era arrivata con le idee non chiarissime, anche se Meloni, nel corso dell'intervento alle Camere il 22 ottobre, aveva sottolineato i dubbi del governo sulla vicenda.
Occorre capire come fare da un punto di vista giuridico, senza che il provvedimento sia considerato illegittimo, ma soprattutto occorre capire chi pagherà quando si dovranno restituire questi soldi alla Russia.
Una risposta a questa domanda l'ha fornita ieri il premier belga che ha chiarito che in caso di risarcimento alla Russia, i soldi debbano sborsarli tutti gli stati membri. De Wever ha parlato di '"mutualizzazione del rischio” e ha chiesto garanzie da tutti i Paesi per contribuire a eventuali rimborsi.
In caso contrario il governo belga si opporrà alla decisione di sbloccare i flussi di cassa generati dai beni russi congelati, cioè i proventi derivanti dal rimborso dei titoli di Stato e delle obbligazioni giunte a scadenza a essi connessi.
Al momento si tratta solo di un'ipotesi, ma che appare più che probabile poiché in caso di risarcimento a pagare non potranno essere che gli Stati UE.
Certo c'è anche l'ipotesi di una restituzione delle somme da parte dell'Ucraina, dopo che la Russia avrà versato eventuali riparazioni di guerra per l'aggressione, ma al momento si tratta appunto solo di ipotesi ed eventualità.
La situazione è ancora molto confusa e i partner europei non hanno una posizione unanime.
Il vertice in corso a Bruxelles (23-24 ottobre) avrebbe dovuto segnare un passo avanti rispetto alla questione, ma si è concluso con un nulla di fatto. Gli asset russi sono scomparsi dalla dichiarazione finale dei leader.
"Il Consiglio europeo invita la Commissione a presentare, il prima possibile, proposte di sostegno finanziario basate su una valutazione delle necessità dell'Ucraina, e invita la Commissione e il Consiglio a portare avanti i lavori affinché il Consiglio europeo possa tornare su questa questione nella sua prossima riunione".
Una dichiarazione generica che di fatto mette al fresco la questione fino a quando i contorni della situazione non appariranno più chiari. Probabilmente se ne riparlerà a dicembre.
Ma l'utilizzo degli asset russi resta un 'nodo', anche all'interno della maggioranza di centrodestra.
Durante le sue comunicazioni in Parlamento in vista del Vertice UE, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva ribadito le perplessità del governo, e anche la risoluzione approvata dalla maggioranza confermava un approccio approntato alla cautela.
Nel testo si sottolineava che un'eventuale “utilizzo dei beni russi immobilizzati non può che essere subordinato alla compatibilità con il diritto internazionale".
Linea sostenuta anche dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Intanto dal Cremlino arriva un monito diretto a Roma: l'Italia "non sia complice del furto del secolo", perché l'utilizzo degli asset russi congelati nell'ambito delle sanzioni a Mosca per la guerra in Ucraina si configurerebbe come "un reato finanziario".
Ha scritto in un lungo post pubblicato sui social dall'ambasciatore russo a Roma, Alexei Paramonov