08 Nov, 2025 - 00:02

Truffe a peso d’oro: così Meta “difende” il suo fatturato (e ti lascia nelle mani degli scammer)

Truffe a peso d’oro: così Meta “difende” il suo fatturato (e ti lascia nelle mani degli scammer)

Pensavate davvero che la sicurezza degli utenti venisse prima di tutto? Benvenuti nel mondo reale (anzi, virtuale): secondo un’inchiesta Reuters, Meta – il colosso che gestisce Facebook e Instagram – sembra adottare la filosofia opposta. 

Più truffe girano sulle sue piattaforme, più il bilancio sorride. Chissà se Mark Zuckerberg ride altrettanto pensando ai 7 miliardi di dollari annuali che piovono direttamente dagli annunci truffaldini, “catalogati” come ad alto rischio. Già, proprio quelli che dovrebbero essere fermati in partenza.

Ma la cifra che fa impallidire non è nemmeno questa. Secondo i documenti citati, ogni singolo giorno vengono sbattuti in faccia agli utenti la bellezza di 15 miliardi di annunci truffa “ad alto rischio”.

A questi si aggiungono – udite udite – altri 22 miliardi di tentativi di truffa “organici”: non serviva ChatGPT per capire che Meta rappresenta il luna park definitivo per chi sogna di fare il furbetto online.

E il bello (o il brutto, fate voi) deve ancora venire. Una presentazione interna dello staff sicurezza Meta aggiornata a maggio 2025 rivela che le piattaforme del gruppo sarebbero responsabili di un terzo delle truffe andate a segno negli Stati Uniti.

Se esistesse una classifica, Meta avrebbe già la coppa in bacheca: miglior complice involontario degli scammer d’America.

Il dilemma: utenti protetti o fatturato protetto?

Qui la domanda sorge spontanea (ma la risposta sembra ovvia): Meta preferisce difendere le sue entrate piuttosto che i suoi utenti.

Le truffe si fermano solo se il sistema automatizzato è sicuro al 95% che siano davvero... truffe! Altrimenti, meglio incassare e lasciare il beneficio del dubbio all’inserzionista.

Del resto, qual è il costo della coscienza? Nei documenti interni si parla di multe per un miliardo di dollari – un’inezia, se messi a confronto con i ricavi da questi annunci tossici.

A Meta lo hanno pure scritto nero su bianco: è meglio “ridurre gradualmente la dipendenza” da questi guadagni illeciti, piuttosto che rinunciarci di colpo.

L’obiettivo calcolato a tavolino? Diminuire la percentuale di ricavi provenienti da truffe dal 10,1% del 2024 al – udite udite – 7,3% entro la fine del 2025. Serve la standing ovation?

E state tranquilli: i controlli interni sono ferrei. Il team che si occupa delle frodi “non può intraprendere azioni che costino a Meta più dello 0,15% del fatturato nel primo semestre 2025”.

Ora, chiudete gli occhi e immaginate di lavorare per la sicurezza nella Silicon Valley e ricevere questa direttiva. L’unico cyber-scudo è la calcolatrice.

La soluzione geniale? Più truffe, più care

Davanti a questo capolavoro del capitalismo digitale, Meta sarebbe anche corsa ai ripari. Non eliminando le truffe, ovviamente, ma facendole pagare di più a chi prova a piazzarle.

Gli scammer che non raggiungono il famigerato 95% di rischio per essere bannati, devono infatti sganciare tariffe pubblicitarie più salate.

Insomma, Meta vende meno annunci truffa, ma guadagna di più da quelli che resistono: il perfetto esempio di win-win (per il bilancio aziendale, non certo per gli utenti).

Pare che questa brillante strategia abbia ridotto le segnalazioni di truffe e solo leggermente ritoccato verso il basso il fatturato generale. Il portavoce Andy Stone ci tiene a rassicurare: Meta si dice “impegnata a combattere aggressivamente le frodi” e afferma di aver ridotto del 58% le segnalazioni in 18 mesi.

Un dato che suona subito meglio se non si specifica che la montagna di truffe, intanto, resta in vetta.

Il miglior alleato degli scammer? Un algoritmo col portafogli

La verità, sempre secondo l’inchiesta Reuters, è che finché le truffe riempiono le casse, Meta trova il coraggio di reagire solo se conviene, e nei limiti tollerati dal budget.

Utenti del pianeta, fatevene una ragione: il confine tra sicurezza e profitto, nella Silicon Valley, si calcola in percentuali, non in truffe bloccate.

Qui non si tratta più solo di “essere il prodotto”, come ci hanno detto per anni. È scattata una nuova era: diventarne anche la vittima designata, se serve a tenere alto il fatturato. Avanti così: il prossimo click potrebbe essere quello da 7 miliardi di dollari.

LEGGI ANCHE
LASCIA UN COMMENTO

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.
I campi obbligatori sono contrassegnati con *

Sto inviando il commento...