Mancano poche ore al giovedì che potrebbe sancire la crisi di governo totale. Da quando alle 15,20 di un caldo lunedì pomeriggio i deputati M5s non hanno partecipato al voto finale sul dl Aiuti, nei palazzi delle istituzioni e della politica è scattato l’allarme rosso. Certo, i pentastellati giovedì scorso non avevano fatto mancare i loro sì alla fiducia chiesta dal governo sul provvedimento, ma l’annuncio di una non partecipazione al voto di mercoledì o giovedì al Senato (dove non è possibile distinguere tra fiducia e voto finale sul provvedimento) sta già facendo prefigurare quali potrebbero essere i passaggi dei prossimi giorni, con tanto di richiesta di verifica avanzata da Silvio Berlusconi e Matteo Salvini dopo quello che viene giudicato uno strappo dei grillini.
Al Quirinale ovviamente si seguono con molta attenzione i passaggi di una vicenda che si sta dipanando da giorni, Mattarella ha ascoltato il resoconto del premier, che non sembra voler drammatizzare la situazione, e le sue valutazioni circa i possibili sviluppi. Ma al Colle si valuta anche che al momento non ci sono eventi reali (la fiducia è stata votata, il provvedimento è stato approvato, la maggioranza è rimasta invariata) e dunque non si ipotizza nessuno scenario in particolare. La preoccupazione resta però alta, c’è l’attività di governo da completare per rispondere alle richieste del Pnrr, c’è la legge di bilancio da scrivere per l’autunno, oltre a una situazione internazionale difficile.
Obiettivo scongiurare la crisi di governo. L’incontro tra il presidente del Consiglio Draghi e il presidente della Repubblica Mattarella è servito per esaminare la situazione soprattutto riguardo al dl aiuti: dopo la decisione dei Cinque stelle di non partecipare al voto finale sul provvedimento alla Camera e alla vigilia di un voto di fiducia al Senato giovedì con i pentastellati orientati a smarcarsi. Si lavora per sminare il terreno ma la tensione resta alta. Il Capo dello Stato ha ascoltato quello che il premier aveva da riferire, dall’incontro che domani l’ex numero uno della Bce avrà con le parti sociali al lavoro che l’esecutivo sta portando avanti sui prossimi passaggi parlamentari. Le fibrillazioni nella maggioranza non accennano a diminuire. Il presidente del Consiglio, raccontano fonti parlamentari della maggioranza, è intenzionato ad andare avanti per sciogliere i nodi sul tavolo, con la consapevolezza che in questo momento il Paese non si può permettere una crisi. Ma il refrain nel governo – sottolineano sempre fonti della maggioranza – è che non si accettano condizionamenti. I pontieri sono al lavoro, il sentiero resta stretto, perché la missione dell’esecutivo di mettere in salvo i fondi del Pnrr e di portare avanti le riforme sarebbe a rischio se venissero a mancare i voti del Movimento 5 stelle, tanto più se si considera che per Draghi è dirimente l’appoggio di tutte le forze politiche che hanno stretto il patto di unità nazionale.
Le reazioni politiche fuori dal Movimento non sono tenere. A cominciare dall'ex pentastellata Daniela Donno: secondo la senatrice di Insieme per il Futuro, "aprire una crisi di governo e non votare il decreto Aiuti che contiene importanti provvedimenti, significa essere irresponsabili e superficiali". Per il vicepresidente di Forza Italia (mentre Silvio Berlusconi parla di "schizofrenia politica") Antonio Tajani invece "L’Italia non ha bisogno di partito che gioca come ci fosse una grande sfida elettorale". Il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni invece è pronto a intonare il de profundis all'esecutivo: "Le contorsioni sempre più profonde di queste ore nella maggioranza confermano che il governo Draghi è arrivato al capolinea, essendo inadeguato a rispondere ai problemi del Paese e dei suoi cittadini".
Spara ad alzo zero Matteo Renzi, mai tenero con il Movimento 5 Stelle: