Il colore rosa è indissolubilmente legato agli stereotipi di genere. Colore femminile per eccellenza, proprio per questo motivo oggi è odiato e rifiutato da moltissime donne. Ma dovremmo riappropriarcene.
Che colore vi viene in mente, se dico la parola bambina? Indubbiamente, il colore rosa. Culturalmente, infatti, il rosa è il colore associato alle bambine, come l’azzurro ai maschietti. Fiocco rosa, tutine rosa, scarpine rosa...simbolo di una femminilità percepita come condizione di debolezza, fin da bambine molte di noi tendono a rifiutarlo, insieme a tutti gli stereotipi che si porta dietro.
D’altronde, frasi onnipresenti nel linguaggio quotidiano, come Non fare la femminuccia! oppure Combatti da uomo! esprimono chiaramente quale sia la comune concezione della femminilità. Concezione che alle bambine comincia a star stretta fin da piccole; e il primo passo per distaccarsene è smettere di vestirsi di rosa.
Si potrebbe parlare di misoginia interiorizzata. La stessa per cui, anche da adulte, molte donne amano definirsi maschiacci o, ricorrendo ad un’espressione meno elegante, donne con gli attributi. Come se la rinuncia alla propria femminilità fosse un passaggio obbligato per veder riconosciuta la propria personalità dominante o, semplicemente, la propria forza di carattere.
Una volta, i colori associati ai due generi erano diversi la come li conosciamo oggi.
Il colore rosso, simbolo di passionalità e di potenza, era considerato il colore maschile per eccellenza; pertanto il rosa, considerato una sfumatura meno aggressiva del rosso, era il colore destinato ai bambini. L’azzurro, invece, in quanto colore del velo della Madonna, era simbolo di purezza e per questo associato alle bambine.
In un’edizione di Earnshaw’s Infants’ Department risalente al 1918 si legge:
La regola generalmente accettata è rosa per i maschi e azzurro per le femmine.
La ragione sta nel fatto che il rosa, essendo un colore più forte e deciso, risulta più adatto al maschio. Mentre l’azzurro, più delicato e grazioso, risulta più indicato per le femmine.
Non è chiaro come si sia giunti alla riassegnazione dei colori, così come li conosciamo oggi. Quel che è certo è che l’odio per il colore rosa rischia di essere tossico per molte donne e ragazze. Non certo per il colore in sé, che naturalmente può piacere o meno, ma per ciò che rappresenta: appunto, quella misoginia interiorizzata che ci porta a considerare l’amore per il rosa, e per tutto ciò che è universalmente riconosciuto come femminile, come simbolo di debolezza.
Riappropriarsi del colore rosa, simbolicamente, significa dunque riappropriarsi anche di quella femminilità che troppe donne sono, o si sentono, costrette a mettere da parte per dimostrarsi competitive in un mondo di uomini. Abbattere lo stereotipo legato a questo colore può non sembrare importante, ma in realtà è un piccolo passo verso una nuova concezione della femminilità, non più percepita come una condizione di fragilità e dipendenza.
Chiara Genovese