Dal 1941, la Svizzera ha legalizzato il suicidio assistito, a condizione che sia effettuato da una persona che non ricopre la professione di medico e che non abbia alcun interesse alla morte del soggetto che lo richiede.
In Svizzera, il suicidio assistito è aperto anche a individui provenienti da altre nazioni. Il processo inizia con la selezione di una struttura che offre questo servizio. Successivamente, il paziente compila un testamento biologico e lo invia, insieme alle sue cartelle cliniche, alla struttura prescelta. In presenza di tre testimoni, il paziente, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, nomina un fiduciario e esprime le sue volontà riguardo al termine della sua esistenza.
Una commissione medica si riunisce per valutare la documentazione e prendere in considerazione la decisione del paziente. Un requisito fondamentale per ottenere l'approvazione da parte delle strutture è la irreversibilità della malattia, che deve essere clinicamente confermata e senza possibilità di guarigione. Solo i cittadini svizzeri sono tenuti a completare un ulteriore passo, che prevede un colloquio con uno psicologo.
A questo punto, il paziente seleziona la data del suo ultimo giorno. I medici svizzeri sono tenuti ad assistere il paziente fino all'ultimo momento. Il malato ha la libertà di ritirarsi dalla decisione in qualsiasi momento o di fissare una nuova data.
La procedura inizia con la somministrazione di due compresse di un farmaco antiemetico, utilizzato per ridurre la nausea. Il medicinale che causa l'arresto cardiaco è il Pentobarbital, una sostanza comunemente utilizzata nell'induzione dell'anestesia generale. Per garantire la morte, i medici diluiscono una dose quattro volte superiore a quella letale e la consegnano al paziente. Quest'ultimo può decidere di berla da solo o, nel caso fosse tetraplegico, può attivare il rilascio del farmaco tramite un pulsante.
Questo approccio è chiamato "suicidio assistito" ed è legale in base all'articolo 114 del codice di procedura penale svizzero. Dopo circa due o tre minuti dalla somministrazione del farmaco, il paziente entra in un sonno profondo, e l'arresto cardiaco sopraggiunge dopo circa mezz'ora, quando il paziente è completamente incosciente.
Durante il 2022, un totale di 1.627 individui ha fatto ricorso al suicidio assistito tramite l'organizzazione Exit Svizzera, registrando un incremento di 233 casi rispetto all'anno precedente (+15%).
Le ragioni di questa crescente domanda di suicidio assistito possono essere attribuite all'invecchiamento della società, con l'età media dei richiedenti che è aumentata di 1,4 anni rispetto al 2021, raggiungendo ora i 79,6 anni. Questo invecchiamento della popolazione ha portato a una maggiore incidenza di malattie o disabilità che gravano pesantemente sulla qualità della vita.
Anche nel corso degli anni precedenti, le donne rappresentavano circa il 60% dei casi di ricorso al suicidio assistito. La maggioranza delle persone assistite da Exit soffriva di cancro in fase terminale, pari al 37% del totale, corrispondente a 413 casi. L'associazione ha inoltre assistito 320 persone anziane affette da diverse infermità e individui con disturbi cronici che causavano dolore.
La maggior parte delle persone con gravi patologie è stata accompagnata nel loro ambiente domestico, con il 76% dei suicidi assistiti gestiti da Exit che si sono verificati in casa. Un ulteriore 18,6% ha avuto luogo in case di riposo per anziani o strutture socio-sanitarie.
In generale, il ricorso al suicidio assistito rimane una circostanza rara in Svizzera, rappresentando poco più dell'1,5% dei decessi complessivi. Si deve notare che questi dati riguardano esclusivamente l'organizzazione no-profit Exit e non tengono conto di altre organizzazioni simili, come Dignitas, Ex International, Lifecircle o Pegasos Swiss Association.