Presentata oggi alla Camera una proposta di legge per rendere obbligatorio l'uso della doggy bag nei bar e nei ristoranti italiani: se approvata, la norma imporrà ai ristoratori di mettere a disposizione dei clienti che lo richiedano dei contenitori riutilizzabili o riciclabili per portare a casa il cibo non consumato.
L'obiettivo dichiarato del testo, come spiegato dal primo firmatario Giandiego Gatta (FI), è quello di ridurre lo spreco alimentare, in linea con gli obiettivi di sostenibilità fissati dall'Agenda 2030 dell'ONU.
Il tema delle perdite e degli sprechi alimentari, infatti, ha una valenza non sono etica: secondo la FAO - l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura - ogni anno un terzo della produzione alimentare globale è persa o sprecata, per un quantitativo totale che non solo potrebbe sfamare 1.26 miliardi di persone, ma anche evitare tra l'8 e il 10% delle emissioni di gas serra mondiali.
Alla luce di questi dati, la redazione di TAG24 ha approfondito la proposta di legge per introdurre l'obbligo delle doggy bag nei ristoranti e nei bar proprio con il primo firmatario del testo, l'onorevole Giandiego Gatta, responsabile nazionale dipartimento Pesca e acquacoltura di Forza Italia.
Onorevole Gatta, che obiettivi si pone questa proposta di legge?
«L'obiettivo della proposta di legge - impropriamente denominata per la doggy bag obbligatoria - è quello di ridurre lo spreco alimentare e aumentare la consapevolezza dei cittadini sul tema. Faccio riferimento alla terminologia impropria perché il termine doggy si utilizzava fino a poco tempo fa per sottrarsi a una sorta di vergogna nel chiedere gli avanzi al ristoratore, preferendo dire che gli alimenti non consumati sarebbero stati destinati al cane.
Oggi non è più così: non a caso, la proposta di legge si intitola "Disposizioni concernenti la riduzione di rifiuti da cibi e bevande non consumati in loco presso attività di somministrazione al pubblico".
La legge muove dalla consapevolezza di dover ridurre lo spreco alimentare, in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda 2030. I dati ci dicono che ogni italiano spreca, in media, 65 kg di alimenti l'anno. Circa 13 milioni di italiani consumano poi dei pasti fuori casa almeno 4-5 volte a settimana.
Lo spreco alimentare è un qualcosa di insostenibile innanzitutto sul piano etico: se vogliamo fare una considerazione che qualcuno potrebbe considerare retorica - ma che non lo è - in troppe regioni del mondo le persone non hanno alimenti necessari per sopravvivere. Ma c'è di più: ad esempio, il solo smaltimento dei rifiuti organici ha un costo molto elevato.
L'obiettivo di questa legge, che introduce l'obbligo per gli esercenti delle attività di somministrazione di alimenti e bevande di fornire un contenitore - rigorosamente riutilizzabile o riciclabile - per portare via gli alimenti non consumati è pertanto quello di offrire al consumatore gli strumenti per attuare atteggiamenti responsabili.
Se riducessimo lo spreco, oltre ai risultati che ho già elencato, riusciremmo poi anche a preservare parte delle nostre risorse alimentari a beneficio delle future generazioni».
Date le diverse implicazioni - etiche, economiche e ambientali - dello spreco alimentare, crede occorra intensificare gli sforzi di sensibilizzazione?
«Assolutamente sì: l'obiettivo primario della legge è quello di sensibilizzare sul piano culturale, introducendo un diverso approccio al tema del consumo del cibo, talvolta sbagliato e non adeguato a quelle che sono le attuali esigenze mondiali.
Non a caso, la proposta di legge prevede, in caso di mancato ottemperamento, delle sanzioni davvero irrisorie: si va da un minimo di 25 a un massimo di 125 euro. L'intenzione infatti non è quella di castigare i ristoratori, ma di educare esercenti e consumatori al tema del consumo responsabile.
Si tratta, in definitiva, di una legge di buon senso già esistente in Francia, Spagna, Germania, Nord America e Paesi Scandinavi».
La proposta di legge prevede inoltre che possano essere utilizzati diversi strumenti per promuovere il riuso dei contenitori.
«Sì: il cliente può lasciare una modestissima cauzione o utilizzare delle App che danno la possibilità di restituire il contenitore riutilizzabile non solo nel ristorante dove si è preso, ma anche in esercizi appartenenti alla stessa rete, magari anche a 100 km di distanza.
Oggi i temi del consumo futuro di alimenti - come le farine di insetti o le carne sintetiche - sono al centro del dibattito, anche perché si paventa il tema della fornitura di derrate alimentari tra qualche decennio, quando il settore primario non riuscirà più a soddisfare le esigenze della popolazione mondiale. Al di là di questi aspetti - che saranno oggetto di approfondimento - è dunque logico iniziare a impegnarci da ora per ridurre lo spreco e preservare le risorse per le generazioni future».
Lei è favorevole alla commercializzazione delle carni coltivate, cosiddette sintetiche?
«Io ho votato contro le carni sintetiche, ma sul tema non ho né pregiudizi e né preclusioni. Si tratta di argomenti molto delicati che richiedono i necessari approfondimenti scientifici, di cui siamo in attesa. Dobbiamo soprattutto capire quali sono gli effetti sulla salute umana. Ma, ripeto, non ho pregiudizi».