Oltre venti tra partiti e realtà associative si riuniranno oggi pomeriggio davanti al carcere di Verona per chiedere al Governo di intervenire urgentemente per alleviare la situazione di sovraffollamento - ma non solo - che vive l'istituto di Montorio.
Dalle mura del carcere veronese - dove negli ultimi tre mesi ben cinque detenuti si sono suicidati - la rivendicazione vuole infatti accendere una luce sui gravi problemi che, in questo momento, vivono tutte le carceri italiane, schiacciate dal peso dell'aumento della popolazione carceraria e dalla cronica carenza di risorse, spazi e di personale (penitenziario, sanitario e gestionale).
Per approfondire le rivendicazioni della manifestazione organizzata per il pomeriggio di oggi, 8 febbraio 2024, davanti al carcere di Verona Montorio, la redazione di TAG24 ha raggiunto Fabio Fraccaroli, il presidente di Verona Radicale. A partecipare, tra le altre, le sezioni veronesi di +Europa, Italia viva, Azione, Pd, Sinistra Italiana, oltre che Antigone e Nessuno Tocchi Caino.
Presidente Fraccaroli, perché il carcere di Montorio, di cui si è parlato moltissimo in questi mesi, può divenire in qualche modo il simbolo della situazione difficile che vivono le carceri italiane?
«Come è noto, purtroppo, solo qualche giorno fa si è verificato l'ennesimo caso di suicidio nel carcere di Montorio. Il detenuto che si è levato la vita aveva, probabilmente, dei problemi psichiatrici e dunque forse non sarebbe dovuto essere neanche in carcere, ma magari in qualche struttura più adatta alle sue difficoltà.
Questo ennesimo caso ci ha fatto sentire la necessità di tornare ad accendere la luce su quelli che sono i gravi problemi che le carceri italiane si trascinano da tanti anni. Con la manifestazione di oggi, poi, ci teniamo a sottolineare come anche l'amministrazione comunale di Verona si sia resa disponibile all'avvio di un dialogo per cercare di migliorare la situazione a Montorio.
L'istituto di Verona vive, al pari delle altre carceri, una condizione di perenne sovraffollamento e di costante carenza di personale penitenziario, oltre che sanitario e psicologico. Per questo l'apertura di un tavolo tra il Comune, i dirigenti penitenziari e le associazioni del territorio potrebbe aprire delle possibilità di collaborazione a nostro giudizio utili, magari anche per sperimentare delle soluzioni alternative al carcere».
Rispetto al problema del sovraffollamento carcerario, la premier Meloni ha ribadito come la soluzione sia da ricercare nell'apertura di nuove strutture e non nelle forme alternative alla detenzione. Cosa ne pensa?
«Noi riteniamo che l'attuale Governo dovrà prima o poi innanzitutto assumersi la responsabilità di questa situazione. In secondo luogo, crediamo che l'esecutivo debba rendersi conto che ad oggi le carceri non assolvono a nessuna funzione. I dati ci dicono chiaramente che, con le condizioni attuali, in Italia il carcere produce altro carcere. Troppe persone, una volta finita la detenzione, escono senza una prospettiva di vita e, pertanto, tornano a delinquere.
Il fatto che non si intervenga in queste problematiche incontrovertibili ci fa temere, alle volte, che a qualcuno convenga mantenere l'attuale stato delle cose, così da avere un'arma per spaventare le persone.
Come radicali, le nostre battaglie sono da sempre di avanguardia. Per questo siamo assolutamente convinti che il primo cambio di rotta debba avvenire rispetto alla depenalizzazione dei reati, necessaria per riportare le carceri a una situazione di civiltà che ci si aspetterebbe da uno Stato democratico».
Anche la Fp-Cgil Verona ha dichiarato lo stato di agitazione per far emergere la difficile situazione che vivono le forze di Polizia penitenziaria che operano a Montorio. Con loro c'è un dialogo?
«Su questa possibilità non abbiamo alcun limite pregiudiziale. Sappiamo che la mancanza di personale fa vivere anche alle forze di Polizia penitenziaria una situazione difficile. Come dicevo prima, nel carcere di Montorio tutte le figure professionali necessarie al funzionamento dell'Istituto sono carenti.
Il nostro obiettivo è dialogare con tutte le realtà, a partire ad esempio da quelle che possono portare maggior lavoro negli istituti penitenziari. Verona è una città in cui l'associazionismo non manca: ci sono tanti soggetti - a partire da imprenditori illuminati - che hanno voglia di impegnarsi per migliorare le relazioni tra carcere e mondo del lavoro. Per raggiungere questi obiettivi, tuttavia, è fondamentale l'impegno anche della stessa Istituzione carceraria».
Al di là della realtà di Montorio, cosa servirebbe a livello nazionale per migliorare la situazione delle carceri?
«A livello nazionale occorrono scelte più radicali, soprattutto in relazione al peggioramento del sovraffollamento carcerario. Pensiamo poi ai suicidi: a Verona molti detenuti possono parlare con i loro familiari per tre minuti alla settimana. In queste condizioni, è purtroppo facile capire come le persone a un certo punto non ce la facciano più.
L'aumento delle presenze delle carceri pone un problema importante per il quale non si può più pensare alla detenzione come unica soluzione per qualsiasi tipo di reato.
Come radicali, poi, da tempo lavoriamo a un progetto per far sì che anche i cittadini, se interessati, possano fare visita alle carceri italiane.
Siamo convinti infatti che il carcere diventi pericoloso nel momento in cui ci si dimentichi che esista. Noi dobbiamo invece sempre ricordarne l'esistenza, così da controllare quello che accade. Non monitorare, infatti, significa correre il rischio che arrivino momenti - come questo - in cui le persone in carcere pensino che l'unica soluzione sia il suicidio. Anche perché avere questa opzione permetterebbe di far maturare anche una certa sensibilità su quale sia la realtà della detenzione, prevenendo magari comportamenti sbagliati».