Villa Lante: nata nel 1511, come casino di caccia del Cardinal Riario, viene scelta come residenza dal nuovo vescovo di Viterbo Giovan Francesco De Gambara. Quest'ultimo, nel 1566 decide di affidare il progetto di ristrutturazione all'architetto Jacopo Barozzi, detto Il Vignola, che in quel periodo lavorava a palazzo Farnese di Caprarola. Furono coinvolti altri due importanti architetti per l'aspetto idraulico e quello visivo: Tommaso Ghinucci e Pirro Ligorio, lo stesso che aveva lavorato anche a Bomarzo. Dopo la morte nel 1587 del Cardinal Gambara, la villa passò per i successivi 30 anni al suo successore il Cardinal Alessandro Peretti di Montalto, nipote di papa Sisto V.
Il prelato riesce a concludere la realizzazione del giardino, ma con la sua morte nel 1623, e vari passaggi di proprietà, la villa entra nel 1656 nei possedimenti dei Lante della Rovere da cui prenderà il nome ad oggi conosciuto. Considerando la struttura del luogo, il titolo di "Parco più bello d'Italia" del 2011, e la sua immagine su una moneta commemorativa del 2014 sono due traguardi dal significato profondo. Villa Lante è circondata da raffinati e geometrici giardini all'italiana. I giochi d'acqua sono posizionati in base a vari terrazzamenti che potrebbero rappresentare un viaggio tra terra, inferno, paradiso e purgatorio.
Come a Bomarzo, anche in questo parco il visitatore rimane in bilico tra realtà ed immaginazione. Dal punto di vista architettonico ogni proprietario ha personalizzato il luogo con particolari episodi storici oppure con gli stemmi familiari. Ne sono un esempio la cordonata del gambero, in quanto animale stemma dei Gambara che compare spesso negli affreschi e sui bassorilievi, oppure la stella e i monti che rappresentano i Montalto sulla fontana del quadrato. Quest'ultima presenta anche un elemento storico: gli archibugieri.
Posti sulle barche, nei vari quadranti, prima della modifica che ne ha cambiato il verso, sparavano acqua verso il quadrato centrale, simboleggiando sia gli attacchi dei protestanti alla prima chiesa, sia gli attacchi degli ottomani sconfitti a Lepanto dalla Serenissima con la partecipazione in milizia dei Gambara. Tutto ruota intorno a religione, storia, mitologia greco - romana e grottesco. Fuori dall'ingresso si incontra la fontana del pegaso, il cui nome deriva dal cavallo mitologico greco che, battendo lo zoccolo sul monte sacro Elicona, abitato dalle muse, fa sgorgare la sorgente dell'Ippocrene, ovvero la fonte dell'ispirazione poetica. Il pegaso è il centro di una immensa fontana, ed è circondato dagli amorini alati che suonano la
tromba nella sua direzione, quasi ad onorare una figura di spicco o un eroe.
In cima alla balaustra sono presenti alcuni busti che, secondo il progetto originale, dovevano rappresentare le nove muse, il dio Apollo e Orfeo. Il riferimento mitologico alle arti è palese, forse un invito a liberare la mente per lasciarsi ispirare dal luogo. Lo step iniziale è quello terreno con la fontana del quadrato dei quattro mori che per la sua imponenza, e maestosità, riesce a rubare l'attenzione al grande labirinto costituito da piante di bosso. Subito al primo piano si trova la fontana dei lumicini, simile ad un anfiteatro costituita da tante fontanelle, a forma di lume poste su più gradoni.
La particolare forma della struttura è fortemente simbolica in quanto l'anfiteatro era il luogo della spettacolarizzazione degli eventi greco-romani, l'acqua è un elemento di purificazione religiosa e i lumini richiamano al raccoglimento in preghiera davanti agli altari. Quasi una sorta di preghiera verso entità superiori che saranno incrociate nel livello successivo del percorso. Proseguendo al secondo piano si raggiungono la mensa del cardinale e la fontana dei giganti. La prima è una fontana a forma di tavolata, con due mascheroni dall'aspetto grottesco, che veniva usata per i banchetti all'aperto, simbolo della convivialità sia terrena che divina.
La seconda è simile ad una cascata le cui statue giganti, pur ricordando il dio Nettuno, in realtà rappresentano i fiumi Arno e Tevere, simboli della Tuscia e dell' incontro tra Lazio e Toscana. Pian piano che si sale all'ultimo livello si raggiungono elementi sempre più divini. La fons dei coralli, oggi dei delfini, era una struttura più complessa rispetto a quella attuale in quanto era constituita da un tronco a forma di corallo che in antichità si ricollegava alla gorgone Medusa.
Secondo il mito, i ramoscelli marini venendo a contatto con il sangue della testa recisa si solidificavano diventando appunto coralli. E' il simbolo della trasformazione di qualcosa di maligno in qualcosa di prezioso, e benevolo. Una sorta di rivincita sul male. In particolare di fronte al diluvio universale è inevitabile provare una sensazione di calma prima della tempesta. Una dicotomia di sensazioni tra angoscia e tranquillità, quasi un viaggio nel purgatorio dantesco per riflettere ed abbandonare temporaneamente i pensieri negativi.
Il tempietto, con la presenza di un tavolino al centro, rappresenta il luogo sacro in cui abbandonarsi
alla pace interiore e riposare la mente dopo la fatica affrontata nella salita dei vari livelli. Una curiosità è notare come in tutto il tour l'unico punto in cui l'acqua rimane prevalentemente statica è la fontana del quadrato, dei mori punto di inizio e di fine della visita, ma soprattutto è la fine del percorso allegorico dell'acqua, quasi a simboleggiare la vittoria dell'uomo sulla natura. Villa Lante è un'opera ingegneristica che l'uomo ha creato dominando gli elementi naturali, ma senza distruggerne l'equilibrio. E' il luogo simbolico in cui immergersi nella mitologia e soprattutto nella storia di famiglie che hanno caratterizzato la storia del territorio viterbese.