I timori sono tutti per il futuro della Georgia ma gli effetti devastanti dell'approvazione della legge 'russa' sulle influenze straniere potrebbero avere ripercussioni anche sui vicini Paese caucasici. Il disegno di legge sulle influenze straniere dovrà essere approvato con una terza lettura da parte dell'Assemblea di Tbilisi - il parlamento georgiano - e stabilisce sanzioni verso chi è finanziato per un 20% da 'potenze straniere': la norma colpisce media ed ong, in particolare.
Un tentativo di far entrare la legge in vigore lo scorso anno era stato già fatto ma in quel caso il governo georgiano ha fallito nel suo intento. Il nuovo tentativo, con un testo di legge reso meno esplicito ma nei fatti con la stesso significato, sembra destinato al successo sebbene l'Unione Europea e gli Stati Uniti non approvino l'intento dell'esecutivo georgiano.
Simona Scotti è una ricercatrice presso il Topchubashov Center, think tank indipendente con sede a Baku, Azerbaigian ed ha parlato a Tag24 dei rischi dell'approvazione della legge russa e di cosa potrebbe succedere nel Caucaso: il rischio di nuovi conflitti e dell'allontanamento di Tbilisi da Bruxelles a favore di un avvicinamento a Mosca o Pechino si fa sempre di più sentire nei giorni in cui proseguono le proteste.
Il conflitto in Nagorno Karabakh, l'ombra del Cremlino sul Caucaso, il pericolo di un conflitto sui confini georgiani e le mosse dell'Occidente per evitare nuove inimicizie. Quello che sta accadendo a sud-est dell'Europa non riguarda solo la Georgia ma anche una serie di altri Paesi il cui futuro è tutto da scrivere.
L'analista geopolitica Simona Scotti fornisce, in un'intervista a Tag24, un quadro dettagliato di quello che sta accadendo in Armenia, Azerbaigian e Georgia e spiega cosa potrebbe succedere nel breve periodo.
Quali potrebbero essere gli effetti sull’area caucasica dell’approvazione della legge russa?
Nel caso di approvazione della legge russa, ovvero la legge sulla trasparenza delle influenze straniere, gli effetti sul Caucaso Meridionale dipenderanno in larga parte dalla reazione dell’Unione Europea. Con tale legge, l’intento del governo georgiano è quello di diminuire l’influenza occidentale nella regione senza però effettuare un disimpegno politico dall’Unione Europea, come più volte sottolineato da Bidzina Ivanishvili, leader di Sogno Georgiano, partito promotore della legge.
Se l’Unione Europea dovesse decidere di punire economicamente e politicamente la Georgia, Tbilisi potrebbe avvicinarsi a Mosca o a Pechino, il che avrebbe delle drammatiche ricadute sull’influenza europea nel Caucaso Meridionale, considerando che tra i tre paesi la Georgia è quella con relazioni più strette con Bruxelles.
Allo stesso tempo, questo scenario potrebbe aprire le porte ad un più ampio supporto europeo al processo di pace tra Armenia e Azerbaigian, in modo da controbilanciare la perdita di influenza in Georgia. Se invece l’Unione Europea non dovesse reagire drasticamente, non ci si dovrebbe aspettare altro fuorché scontento generale, perché Tbilisi ha bisogno di mantenere connessioni politiche e commerciali con Bruxelles.
A che punto è il processo democratico georgiano? La legge rappresenta un brusco arresto?
La cosiddetta legge russa, che prevede la registrazione delle ong e di altri enti non governativi che ricevono almeno il 20% dei fondi dall’estero come agenti stranieri e così denominata per via dei parallelismi con la legge adottata da Mosca, rappresenta senza dubbio una grave battuta d’arresto allo sviluppo democratico del paese, dal momento che prende di mira la libertà dei media e riduce drasticamente lo spazio di azione della società civile.
La rinnovata discussione di tale progetto di legge, che arriva pochi mesi prima delle elezioni parlamentari e in un momento in cui la Georgia ha ricevuto lo status di paese candidato all’Unione Europea, è stata accolta con un’ondata di proteste contro la stretta autoritaria che il governo sta adottando, con migliaia di manifestanti che accusano la leadership di essere vicina al Cremlino e di provocare un allontanamento dalle istituzioni europee, a cui il governo ha risposto con delle repressioni brutali e l’arresto di attivisti e oppositori.
C’è anche da tenere in considerazione che in Georgia le ong rivestono un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda il settore economico, e l’approvazione potrebbe spingere molte persone ad emigrare.
Che rapporti ci sono tra Mosca e Tbilisi oggi?
Lo status dell’Abcasia e dell’Ossezia Meridionale continua a costituire il fattore di maggiori tensioni tra la Georgia e la Russia. Recentemente ci sono stati dei colloqui informali tra parlamentari russi e georgiani, durante i quali è stata proposta la reintegrazione delle suddette regioni in Georgia sotto forma di una confederazione se la Tbilisi si allontana dall'Occidente.
Gli oligarchi svolgono un ruolo cruciale nella comunicazione tra i due paesi a causa dell'assenza di relazioni formali a seguito della guerra Russo-Georgiana del 2008. L'importanza strategica dell'Abcasia risiede nel suo collegamento ferroviario non solo tra Russia e Caucaso Meridionale, ma anche nel contesto del Corridoio Nord-Sud, che collega la Russia all’India. La Georgia ha reiterato che attualmente mira ad evitare il confronto con la Russia, opponendosi all’idea di aprire un secondo fronte contro Mosca da Tbilisi.
C’è il rischio che in Abcasia e Ossezia scoppi un conflitto simile a quello ucraino?
La possibilità di una guerra in tali territori è minima, e, come ripetuto più volte dalla Presidente Salome Zourabichvili, la Georgia non ha intenzione di fare incursioni né in Ossezia Meridionale né in Abcasia. La Russia potrebbe entrare in questi territori nel caso di un cambio di governo con un nuovo esecutivo particolarmente ostile verso il Cremlino o nel caso dell’approvazione di sanzioni antirusse, ma si tratta di possibilità remote, perché attualmente Mosca è soddisfatta della posizione del governo georgiano.
Che effetti ha la guerra in Ucraina su questi territori?
Una delle ipotesi discusse è il possibile insediamento della flotta russa in Abcasia, che de jure continua ad essere un territorio georgiano. Questa eventualità avrebbe naturalmente delle conseguenze catastrofiche sia per le relazioni tra Mosca e Tbilisi sia per la stabilità della regione. Inoltre, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina alcuni settori hanno discusso la possibile annessione di questi territori georgiani, il che sembra costituire principalmente uno strumento di negoziazione verso la Georgia anziché una reale possibilità.
Percorso della Georgia per entrare nell’Ue: a che punto siamo? Sarà possibile chiudere entro in questo decennio l’ingresso?
La situazione attuale è abbastanza inusuale, perché, sebbene la Georgia possieda lo status di candidato europeo, ciò appare più che altro il frutto di una scelta geopolitica, volta ad affermare la presenza europea nel Caucaso Meridionale. Il governo georgiano trae vantaggio da questa situazione, in quanto la Georgia è riuscita ad ottenere lo status di candidato e allo stesso tempo può soddisfare selettivamente solo alcune richieste.
Un fattore importante da tenere in considerazione è che, con le imminenti elezioni europee e il conseguente cambio di leadership, non è scontato che le stesse concessioni vengano garantite.
Capitolo Nagorno Karabakh: la pace permetterà all’Armenia di riorganizzarsi? Quanto ha influito la presenza di Mosca e Ankara?
Se un accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian dovesse venire firmato, il che sembra essere imminente, la situazione porterà enormi vantaggi per entrambi i paesi. Yerevan ne gioverebbe sotto diversi punti di vista, in quanto renderebbe l’Armenia più sovrana, allevierebbe le preoccupazioni in materia di sicurezza e non dovrebbe dipendere da altri paesi per la protezione.
Tutto ciò si tradurrebbe in una politica estera più indipendente, più investimenti e più apertura economica. La firma di un accordo di pace avrebbe dei risvolti positivi anche per la Turchia, che di conseguenza supporta il processo. Una delle questioni che resta da risolvere è lo sblocco dei collegamenti regionali.
Per Ankara è importante che questo avvenga, in quanto otterrebbe delle connessioni infrastrutturali agevolate sia con l’Azerbaigian che con l’Asia Centrale, il che risulterebbe in un ampliamento dell’integrazione economica e politica con tali repubbliche. Inoltre, la normalizzazione dei rapporti tra Armenia e Azerbaigian permetterebbe ad Ankara di poter finalmente finalizzare la normalizzazione dei rapporti con Yerevan, il cui processo è stato rilanciato dopo la fine della Seconda Guerra del Karabakh ma che, senza il via libera di Baku, presenta degli ostacoli nell’implementazione.
Oltre a ciò, il Caucaso Meridionale rappresenta un’area di estrema importanza strategica per la Turchia, che possiede una serie di interessi economici, politici e militari nell’area, e la stabilità della regione è quindi una priorità per Ankara. Per quanto riguarda la Russia, la situazione è distinta. Il Caucaso Meridionale fa parte del suo near-abroad, ovvero quei territori che sono riemersi come paesi indipendenti dopo il crollo dell’Unione Sovietica e verso cui il Cremlino mira a mantenere un’influenza preponderante.
La presenza di Mosca negli ultimi anni è per la prima volta diminuita, dal momento che l’invasione dell’Ucraina ha necessitato della maggior parte degli sforzi russi, dando più spazio d’azione a diversi attori e alle stesse repubbliche in tali regioni, tra cui il Caucaso Meridionale.
La mediazione russa nel processo di pace tra Armenia e Azerbaigian sembra più che altro aver avuto il ruolo di contrastare lo stesso processo nelle sedi occidentali, anziché ambire ad una reale pacificazione fra le due parti. Inoltre, sebbene la Russia sia stata promotrice del trattato di cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaigian nel 2020 e abbia dispiegato un contingente di peacekeeping nella regione, tale contingente è stato ritirato lo scorso aprile, un anno e mezzo prima della fine del mandato.
Oltre a ciò, in Armenia si sta discutendo sempre più concretamente il ritiro dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, l’alleanza militare a guida del Cremlino, così come del ritiro delle guardie di frontiera russe dall’aeroporto di Zvartnots di Yerevan e dai confini con l’Azerbaigian. La firma di un accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian renderebbe la presenza russa nella regione non solo scomoda, ma anche sempre più immotivata.
Azerbaigian: la fine del conflitto permette un’apertura dell’Ue verso Baku? C’è la possibilità di un nuovo conflitto regionale?
L’integrazione europea non rientra negli obiettivi dell’Azerbaigian, che intende mantenere una politica estera equidistante dall’Unione Europea e dalla Russia. Le relazioni tra Azerbaigian e UE si configurano in cooperazione economica e di investimenti, che è ciò che Baku vuole rafforzare. Attualmente ci sono delle tensioni tra Baku e Bruxelles, ma dopo la firma di un accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian ci si può aspettare una situazione più rilassata.
Un nuovo conflitto armato nella regione è estremamente improbabile, perché i due paesi stanno compiendo congiuntamente una serie di passi necessari per la stabilità della regione, tra cui il raggiungimento di un accordo sul ritorno di quattro villaggi dall’Armenia all’Azerbaigian e l’inizio del processo di delimitazione e demarcazione dei rispettivi confini.