Era il 2002 quando Max Mazzotta, attore teatrale e cinematografico originario di Cosenza, in Calabria, raggiunse l'apice della popolarità interpretando "Enrico Fiabeschi", celebre personaggio nato dalle tavole del compianto fumettista Andrea Pazienza e presente nel film corale "Paz!" diretto da Renato De Maria.
La sua carriera inizia con il film "L'ultimo capodanno" di Marco Risi del 1998, lungometraggio tratto dal racconto presente nella raccolta "Fango" di Niccolò Ammaniti per proseguire con "Lavorare con lentezza" di Guido Chiesa, "Arriverderci amore, ciao" di Michele Soavi fino a Freaks Out di Gabriele Mainetti.
Non solo cinema, ma anche molta televisione, come nella fiction "Ultimo - La Sfida", "Distretto di Polizia", "Solo" e "L'Ispettore Coliandro 5" per la regia dei Manetti Bros.
Direttore artistico della compagnia teatrale "Libero Teatro", l'artista ha presentato recentemente il suo ultimo progetto musicale "Spiriti e Maligni" che uscirà il 19 luglio 2024 su tutte le piattaforme di streaming digitale, tra cui Spotify, Deezer, YouTube Music ed Apple Music. La prossima data del tour si terrà il 20 luglio a Cosenza, in Calabria.
Tag24 ha intervistato Max Mazzota in esclusiva su questo nuovo ed entusiasmante progetto (insieme ad altre interessanti anticipazioni).
Dal concerto "Spiriti e Maligni" è stato rilasciato un nuovo brano disponibile su YouTube, Spotify e Bandcamp intitolato "Bla Blasfemico" seguito dall'omonimo videoclip ufficiale diretto dallo stesso Max Mazzotta.
L'artista è accompagnato durante le varie tappe del tour da Massimo Garritano alla chitarra, Carlo Cimino al basso, Antonio Belmonte alla batteria e le coriste Noemi Guido e Claudia Rizzuti mentre la produzione è a cura di "Libero Teatro".
D. "Come nasce il progetto Spiriti e Maligni?"
R. "Coltivo sempre la mia passione musicale, da quando ero piccolo. Ogni tanto quando riesco ad avere un po' di tempo per dedicarmici mi butto in una nuova esperienza artistica che mi appassiona, lo faccio con grande trasporto. Come ben saprai, sono molto impegnato con il cinema, il teatro e cerco di ritagliarmi del tempo utile negli anni per realizzare nuove idee di qualsivoglia tipo"
D. "Per te la musica è un'esperienza 'parallela', citando Gurdjieff una delle tante parti di te inedite ad alcuni?"
R. "Sì, è qualcosa che porto con me da sempre. Poi, soprattutto qua da noi, se qualcuno ti focalizza come attore, scrittore, regista è difficile identificarti in altri tipi di contesti artistici, per alcuni diventi 'quella cosa lì'. L'artista è sensibile alle varie forme d'arte e in determinati momenti della vita è più incline ad una o all'altra. Ho conosciuto scrittori che disegnano, recitano. Attori che sono anche bravissimi musicisti e nessuno lo sa. E hanno anche quella voglia, quella marcia in più di mettersi in gioco. Nel dubbio io dico: "Chi se ne frega, faccio ciò che mi piace". Associare è una tendenza umana, normale, ci dobbiamo fare i conti e va bene così"
D. "Qual è il significato dello spettacolo?"
R. "Questo progetto è nato nel corso degli anni. In un certo senso 'Spiriti e Maligni' parla di sogni, come spesso accade a molti di noi, incompiuti, mai realizzati. Io ad esempio, da bambino volevo diventare un'astronauta. A volte rimangono dentro e certi eventi ci impediscono di poter coltivare altri tipi di sogni. Dinamiche per prendere coscienza di quello che siamo noi, dei macigni, pietre che è difficile cacciare fuori. Noi viviamo anche di questo, di proiezioni ci proiettiamo verso una specie di futuro delle cose che vogliamo fare: domani devo fare questo, dopodomani devo fare quest'altro, pensiamo poco al presente e sempre al futuro. Nel presente vero siamo diffidenti, specialmente quando lo immaginiamo differente da com'è e rimaniamo delusi e scottati. Come quando finisce una storia d'amore e prendi "due scoppole" no? E ad un certo punto ti rendi conto della realtà e dici a te stesso: "Dove sono stato fino ad ora?" Non ero mai nella realtà di ciò che facevo e non la analizziamo come dovrebbe, siamo proiettati sempre in avanti".
D. "Da parte tua c'è ancora una esorcizzazione dei tuoi demoni passati? Una sorta di psicoterapia?"
R. "Ma sì, la vita è tutta una terapia. C'è chi va dallo psicologo, chi dallo psicoterapeuta, chi dallo psichiatra, io ancora non ci sono andato. Ma ho tanti amici che ci vanno e si trovano bene e altrettanti con cui ci raccontiamo vicende personali e già dimezzano la catastrofe. Se le tieni dentro si ingigantiscono, poi le tiri fuori e spariscono. Raccontare una storia è importantissimo per questo, perché si "cristallizza nell'aria". Se le tieni dentro diventano macigni e sogni appunto 'maligni'. Spiriti e Maligni è una riflessione appunto su questo, una storia di coppie, che può essere ad esempio un rapporto tra due fratelli, tra genitori, con se stessi, in una coppia d'amore. Ci portiamo dentro questo dualismo dalla nascita. Esiste perché non possiamo farne a meno, siamo così. Lo conosciamo, bisogna analizzarlo e avere pazienza. Bisognerebbe prendere la vita con leggerezza, sennò come facciamo? Ci vuole leggerezza, fa parte del gioco".
D. "Qual è il personaggio cinematografico/televisivo/teatrale a cui sei più legato?"
R. "Sono legato a due percorsi: il mio primo film 'L'ultimo Capodanno' di Marco Risi e al personaggio di Ossadipesce. All'epoca ci fu poco riscontro, adesso è un cult e ne sono felice. Ovviamente sono molto affezionato ad Enrico Fiabeschi, un personaggio speciale e ancora oggi tanto amato dal pubblico. È parte di un periodo storico che noi abbiamo sempre immaginato, ed è diventato nel tempo una maschera moderna, un po' come Fantozzi, ovviamente con le dovute pinze. Andrea Pazienza ha voluto descrivere una persona fedele a se stessa, ai suoi ideali, nel bene e nel male e che per questo, a differenza di altri suoi personaggi, non si evolve. Si fuma le canne, incolpa sempre gli altri e mai se stesso. È bello perché ridicolo e ci insegna come cambiare alcune sfumature di noi che possono essere sbagliate. Dovrebbe evolvere ma non evolve mai, anche lui cristallizzato nel tempo. Fantozzi è un monito per la società, anche se ridiamo è una comicità amara, quella di Villaggio..."
D. "Fantozzi e Paolo Villaggio ti hanno colpito molto..."
R. "Sì, Fantozzi è qualcosa di rivoluzionario e non passerà mai"
D. "Nel 2013 hai diretto 'Fiabeschi torna a casa', film in cui hai chiuso l'arco narrativo di Enrico. È stata una scelta molto audace e al contempo romantica. Per tanto tempo mi sono chiesto dopo Paz che fine avesse fatto.."
R. 'Fiabeschi torna a casa' è stato un film divisivo e a cui tengo molto. È una storia poetica di un paese della Calabria con un Fiabeschi in una dimensione differente da quella di Bologna. Tutti noi interpretiamo un personaggio. Ad esempio, se vai via da Avellino e vai a Verona, e sei un ragazzo, lì ti devi costruire una personalità ed identità, ed è una crescita naturale, nemmeno te ne accorgi. E quelle persone ti vedranno in modo differente da quelli della tua infanzia e lì, tu sarai qualcosa di nuovo, magari il "Fiabeschi". Poi ritorni a casa, con tutte le dinamiche del passato, con tutti i momenti vissuti con i tuoi genitori, amici e ti senti cambiato, un disadattato perché non sai più chi sei, dov'è la tua casa, dove sei tu. Ad un certo punto Fiabeschi dice che "la casa siamo noi", che ce la portiamo dentro, qualcosa che ci rappresenta, che siamo noi e che anche se sei a Bologna, Milano, ti apparterrà sempre, ti rimarrà dentro. Se riesci ad attingere a questo universo che portiamo dentro di noi, otterrai quasi tutte le risposte che cerchi"
D. "Diciamo che Fiabeschi torna a casa, citando Robert Anton Wilson, è un altro modo di vedere la stessa persona, un altro filtro della realtà?"
R. "Presento un Fiabeschi inedito dalla realtà bolognese, più introspettivo. Nessuno del mondo universitario, del DAMS, conosce la sua vita precedente. E ho voluto lasciare questo monito: che siamo doppi e che essere disadattati è un problema. Dovremmo essere non social ma sociali. La società di oggi ci porta ad alienarci, a restare dietro ad un computer, che da una parte è ottimo perché ti connette a persone da tutto il mondo, ma la realtà vera è fuori"
D. "Come è stato trovarti in un'atmosfera a tratti 'supereoistica' come in Freaks Out? di Gabriele Mainetti?
R. "È stato bello, perché "Freaks Out" è un progetto coraggioso, audace e sono fiero ed orgoglioso di esserne stato parte. Conosco Gabriele da ormai 20 anni e mi ricordo di un ragazzo che voleva fare cinema, raccontare storie diverse e c'è riuscito. Ho dato un piccolo contributo. E quando c'è stima non solo per la persona ma anche per le idee, c'è sempre il piacere di rincontrarsi nuovamente"
D. "Tornando per un attimo a Fiabeschi: e se ci fosse un Paz 2, accetteresti? Dopo Renato De Maria, nessun regista ha più trasposto un'opera di Pazienza al cinema. È talmente complesso da far paura?"
R. "Non so se Renato abbia mai pensato ad un sequel di Paz, ad una operazione di questa tipologia. Andrea Pazienza è un universo tutto da scoprire. Noi con Renato abbiamo voluto raccontare una storia sui suoi personaggi ed è molto importante, perché i personaggi riflettono la personalità dell'artista. Io direi che invece di realizzare un "Paz 2!" si potrebbe pensare ad una biografia sulla vita di Andrea Pazienza, quella sarebbe un'idea interessante. Le nuove generazioni sono ancora interessate alla sua arte…insomma alla sua vita!
D. "Progetti per il futuro?
R. "Sono al lavoro sulla nuova edizione del "Dramafest", giunto quest'anno al suo secondo compleanno. Presenterò uno spettacolo sul fisico Nikola Tesla a novembre, sempre a Cosenza"
D. "La scrittura dello spettacolo su Nikola Tesla è a cura tua?"
R. "Sì, è un lavoro scritto da me. Tesla è un pretesto per aprire una riflessione sull’ambiente, sul clima e sull’uso errato dell’energia"