È stato pubblicato il nuovo aggiornamento mensile per la rivalutazione ISTAT degli affitti, basato sull’andamento dei prezzi al consumo per le famiglie.
A luglio si registra un aumento allo 0,4% dell’indice di riferimento. Rispetto al 2023, si registra un aumento del +1,1 e del +6,9 rispetto al 2022.
Nel testo, maggiori dettagli sulla rivalutazione ISTAT, con un focus sulle modalità di calcolo dell’adeguamento. Vediamo, inoltre, quando scatta l’adeguamento.
L’ultimo aggiornamento ISTAT del mese di luglio 2024 ha fornito dati molto importanti sulla rivalutazione annuale degli affitti, che si attesta all’1,1% per le locazioni di immobili a uno abitativo (adeguamento al 100%) e dello 0,8% per i canoni commerciali (adeguamento al 75%).
A cosa serve l’adeguamento ISTAT? Ha lo scopo di allineare l’importo del canone di affitto al reale andamento dell’economia e al costo della vita. Il metodo di calcolo cambia in base alla situazione contrattuale.
Infatti, chi decide di applicare l’indice FOI, utilizza i dati della fine dell’anno precedente. Invece, chi rivaluta il contratto per la prima volta, effettua il calcolo utilizzando l’indice recente e moltiplicandolo per il canone indicato nel contratto.
Il primo fattore da prendere in considerazione è l’Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), del mese precedente alla scadenza del contratto. Il dato deve essere preso al netto dei tabacchi.
Come si rivalutano gli affitti? Il canone si rivaluta applicando aliquote diversificate, in relazione a che si tratti di una locazione ad uso abitativo oppure commerciale.
Come funziona?
Tuttavia, non è detto che questo debba applicarsi sempre. Infatti, le parti possono anche accordarsi e concordare, autonomamente, termini diversi.
Qual è la formula da applicare? Si deve moltiplicare il canone d’affitto per l’Indice Istat per la percentuale di rivalutazione. Applicando questa formula si ottiene il canone annuo rivalutato e, dividendolo per 12 mesi, si va ad ottenere il canone d’affitto mensile.
La rivalutazione sull’affitto è obbligatoria quando è previsto da una clausola nel contratto. La clausola, inoltre, deve specificare se deve essere al 100%, nel caso dei contratti a canone libero, o al 75%, nei contratti a canone concordato.
Quando previsto espressamente dai contratti, l’adeguamento deve essere effettuato ogni anno. Caso contrario, il proprietario dell’immobile non può avanzare pretese nei confronti del proprio inquilino.
Ci sono, però, alcune esclusioni da quanto detto. Sono esclusi i contratti di affitto che applicano la cedolare secca. A tal proposito, l’analisi di convenienza della cedolare secca deve passare da calcoli che tengano conto dell’inflazione.
L’incremento del costo della vita comporta la necessità per il contribuente di valutare quando e se l’applicazione della cedolare secca sugli affitti risulta o meno ancora vantaggiosa oppure se conviene, in alternativa, tornare all’ordinaria tassazione Irpef.
In linea di massima risulta, almeno per ora, quasi sempre più vantaggiosa l’applicazione della cedolare secca del 10%, prevista tuttavia in pochi e specifici casi.
Abbiamo già anticipato che nei contratti di d’affitto può essere prevista una clausola per l’aggiornamento annuale del canone, rispetto alle variazioni dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati rilevate dall’ISTAT nel corso dell’ultimo anno solare.
L’indice ISTAT che, come abbiamo sempre spiegato prima, valuta l’aumento del costo della vita rispetto all’anno precedente deve essere utilizzato per ricalcolare ogni anno il costo dell’affitto concordato tra inquilino e locatore, dell’immobile concesso in affitto.