Posticipare l'apertura delle scuole a ottobre per adeguare il calendario didattico all'ormai mutato clima: è questa la proposta avanzata da alcune associazioni e sindacati, come Anief e Coordinamento nazionale docenti della disciplina dei diritti umani, che operano nel settore dell'istruzione.
Secondo le due organizzazioni citate, in particolare, le elevate temperature che ormai caratterizzano le estati italiane richiedono una rivoluzione organizzativa alla scuola italiana, chiamata a considerare la difficoltà di tornare sui banchi settembre, data l'assenza di climatizzazione negli istituti scolastici italiani.
La proposta di posticipare l'apertura delle scuole a ottobre, adattando il calendario scolastico agli effetti cambiamenti climatici, ha però incontrato la ferma contrarietà delle associazioni dei genitori per i quali, casomai, la scuola dovrebbe modificare il calendario in senso opposto, limitando la troppo lunga pausa estiva, attualmente prevista da giugno a settembre.
A spiegare a Tag24 perché la proposta di posticipare l'avvio delle lezioni debba essere presa seriamente in considerazione è invece Marcello Pacifico, presidente di Anief, l'associazione professionale e sindacale che rappresenta i lavoratori dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Secondo Pacifico, infatti:
«Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti. Purtroppo da anni, nel mese di settembre, si registrano temperature più alte della media stagionale, non solo nel Sud, come si potrebbe pensare, ma in diverse zone del Paese.
A fronte di queste temperature torride, le scuole italiane non sono attrezzate con aule climatizzate. Spesso, inoltre, aule molto piccole ospitano più di 25 alunni per classe. Con questo clima, fare didattica diventa quasi impossibile. Le scuole non sono un parcheggio, ma luoghi dove portare avanti una didattica buona e giusta. Qual è il senso di avere gli alunni a scuola se poi i risultati non sono dei migliori?».
Ma come impatterebbe l'eventuale posticipo dell'avvio delle elezioni da settembre a ottobre sul termine calendario scolastico? Le alte temperature di giugno, infatti, rendono difficile immaginare un allungamento del calendario su un mese possibilmente ancor più caldo di settembre. Sulle eventuali soluzioni da mettere in campo per aggiustare il calendario, il presidente di Anief è tuttavia aperto:
«Si potrebbero mettere in campo soluzioni diverse, anche perché negli ultimi 15anni è stato già ridotto il tempo scuola di ben tre ore: prima di stava in classe 33 ore a settimana, ora 30. Chiaramente le soluzioni starebbero poi al buon senso delle regioni, anche in base ai diversi climi che esistono nel Paese.
Il punto è che, se non attrezziamo le nostre classi, climatizzandole e rendendole più vivibili, è assurdo pensare di iniziare la didattica fra due settimane».
L'idea di posticipare l'apertura delle scuole, avanzata in questi giorni da Anief e altre associazioni del settore, ha comunque incontrato la ferma contrarietà dei genitori che hanno evidenziato le difficoltà, per le famiglie, di gestire i minori per tutto l'arco temporale estivo. Chi non può contare su una rete familiare, infatti, è spesso costretto a far fronte a costi elevatissimi per centri estivi o babysitter.
Ma non solo: secondo le associazioni dei genitori, infatti, l'allungamento della pausa estiva può favorire il moltiplicarsi delle diseguaglianze nei processi di apprendimento, svantaggiando bambini e adolescenti. Tuttavia, secondo il presidente di Anief:
«Già trent'anni fa, in alcune aree del nostro Paese, la scuola iniziava a fine settembre: dunque non credo si stia parlando di una rivoluzione. Certamente la società è cambiata, tante madri lavorano, ma anche le insegnanti, per la maggior parte donne, già dal primo settembre sono a scuola.
Per quanto riguarda il lavoro per recuperare quegli apprendimenti, è bene sottolineare che questo già avviene nelle nostre scuole. Dire che le scuole italiane sono chiuse tre mesi l'anno è falso, dato che già ad agosto partono i corsi di recupero in vista del nuovo anno scolastico.
Noi crediamo che occorra dare più spazio alla scuola dell'autonomia, comprendendo che senza scuole attrezzate è inutile pensare di fare didattica con 40 gradi, in aule con oltre 25 alunni dentro».
Il tema, secondo Pacifico, non è tanto la durata del calendario scolastico, ma l'adeguamento delle aule e la riuscita della didattica:
«Il punto, come abbiamo denunciato nei giorni scorsi, è che ancora non si è riusciti a mettere le scuole al passo nonostante i fondi stanziati nel Pnrr. Eppure questi interventi sarebbero fondamentali dato che, come sappiamo, la maggior parte dei nostri edifici scolastici non è in grado neanche di fronteggiare le sfide sismiche che possono verificarsi.
È chiaro che, a fronte di tanti interventi che sarebbero necessari, la climatizzazione delle aule sia molto difficile. Ecco perché bisognerebbe lasciare al buon senso non solo la determinazione del calendario scolastico, ma anche iniziare a pensare al "buon tempo a scuola", dato non dal numero di ore che si trascorrono in aula ma dal tempo dedicato alla buona didattica».
Oltre al tema dell'adeguamento delle strutture rimane, poi, quello che è il grande problema del sistema scolastico italiano: la precarietà. Per il prossimo anno, infatti, le stime riferiscono la presenza di oltre 250mila docenti precari:
«Quest'anno la situazione precarietà è davvero tragica, anche per via di alcune scelte sbagliate fatte in passato in sede europea. Un esempio è quello relativo al reclutamento, dove si è pensato di riprendere la strada che si era intrapresa con la legge "Buona scuola", con tre concorsi in tre anni per risolvere il problema del precariato. Mentre il primo concorso che è stato bandito non si è ancora svolto in tutta Italia, tanti idonei non vengono assunti nelle graduatorie di merito.
C'è poi il tema del doppio reclutamento - che in passato ci ha permesso di evitare la condanna della Commissione europea per abuso di contratti a termine - quest'anno è attivo solo per gli insegnanti di sostegno, la cui categoria è peraltro al 50% precaria.
L'insieme di questi fattori ha portato, negli ultimi dieci anni, ad un aumento della precarietà del 200%».
Alla precarietà del personale docente si aggiunge poi quella dei lavoratori del personale ausiliario, tecnico e amministrativo (Ata) e dei presidi. Una recente sentenza del Tar del Lazio, infatti, ha sospeso in via cautelare la nomina di 519 vincitori di concorso per il ruolo di dirigenti scolastici:
«Anche con il personale ATA, assunto in organico aggiuntivo per raggiungere gli obiettivi del Pnrr, abbiamo dei problemi, dato che i contratti sono scaduti a giugno e non sono più stati rinnovati.
A questo aggiungiamo, infine, la decisione dei giudici del Tar che a ferragosto hanno bloccato l'immissione in ruolo di oltre 500 dirigenti scolastici. Più di 500 scuole andranno così in reggenza, sommandosi alle 300 già in questa situazione. A settembre, pertanto, una scuola italiana su dieci non avrà un preside di ruolo, rendendo ancor più precaria l'organizzazione scolastica».